Quella riforma sui docenti approvata sotto silenzio

Era tanto che non si vedevano i cronisti e le telecamere in Senato

Quella riforma sui docenti approvata sotto silenzio

Era tanto che non si vedevano i cronisti e le telecamere in Senato. Due lunedì fa erano assai. Non al mattino, quando, nel corso della travagliata conversione del decreto Pnrr2, si discuteva di scuola, ma al pomeriggio, quando si discuteva di Ucraina. L'attenzione era massima. Così focalizzata da non cogliere una notizia concomitante. Anzi due.

La prima era la riforma della selezione, della formazione e dell'incentivazione dei docenti delle scuole primarie e secondarie (oltre ad alcune importanti novità a vantaggio dei ricercatori universitari). Una riforma di sistema. Riforma da cui dipende la formazione delle classi dirigenti di domani e la definizione del presente di centinaia di migliaia di docenti e aspiranti tali. Il tutto in una scuola che diciamo essere al centro dei nostri pensieri perché viatico dei giovani e della nazione.

Bene, la discussione in Senato e poi la conversione con significative modifiche della riforma erano una notizia. Ma è stata ignorata da quasi tutti i media nazionali.

Meno concreti, ma non meno «notizia», sono stati il vigoroso confronto tra Senato e governo durante la fase emendativa del Pnrr e la corale denuncia dello strapotere delle burocrazie tecnico-contabili ministeriali al momento del voto di fiducia. In Aula sono state pronunciate parole dure, durissime. Parole poi messe nero su bianco in una lettera inviata al presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, e da questi indirizzate con lettera al presidente del Consiglio. Un accorato ma fermo appello in difesa del Parlamento e della Politica. Non si ricordano precedenti.

Tutto è avvenuto in pubblico, nelle commissioni e nell'aula del Senato. Ma, a parte questo giornale e pochi altri, nessuno se n'è accorto. Forse è accaduto perché i cronisti non seguono più i lavori delle commissioni parlamentari e le sedute d'aula. Forse perché nelle redazioni sono venute meno le specializzazioni. Forse perché erano tutti, troppo concentrati sulla saga grillina.

Fatto sta che il futuro della Scuola e il grido d'allarme sulle condizioni di funzionamento della nostra democrazia sono passati sotto silenzio. Da giornalista, credo ci sia materia su cui la categoria dovrebbe riflettere.

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