Chiude il suo mandato con una proposta di riforma radicale, Joe Biden, per rimettere mano alla Corte Suprema, il massimo organo del potere giudiziario negli Stati Uniti. Con le sue sentenze la Corte è in grado di cambiare il volto della società americana, ma a causa dei suoi ultimi pronunciamenti, sull'aborto e sull'immunità presidenziale, ora che è composta da una netta maggioranza conservatrice (6 giudici su 9, di cui tre nominati da Donald Trump durante la sua presidenza), è stata accusata di politicizzazione dai democratici. Ecco perché, anche se Biden sa che non riuscirà a compiere l'impresa di una riforma entro novembre, data in cui finirà il suo mandato ed entro la quale sarà impossibile far passare il piano in assenza di una maggioranza democratica alla Camera, il presidente ha voluto lanciare comunque la proposta, prima con un intervento sul Washington Post, poi lunedì sera durante un evento ad Austin, in Texas, per la commemorazione del Civil Rights Act, la legge sui diritti civili. È un modo per offrire un nuovo argomento alla base democratica e lasciarlo in eredità alla vicepresidente Kamala Harris, a un passo dalla nomination per la corsa alla Casa Bianca. Non a caso Kamala ha subito raccolto il testimone, esprimendo sostegno alla riforma, anzi alle riforme.
Di che si tratta? Uno: introdurre un limite di mandato di 18 anni (attualmente è a vita) per i giudici dell'Alta Corte, che saranno nominati dal presidente ogni due anni. «Gli Stati Uniti sono l'unica grande democrazia costituzionale che garantisce nomine a vita ai giudici della Corte Suprema», scrive Biden. Poche persone possono indirizzare e plasmare la società americana per un tempo troppo lungo, è l'analisi. L'obiettivo è «evitare che una presidenza unica imponga un'influenza indebita sulle generazioni future».
Altro punto cruciale: serve un codice etico vincolante per i giudici della Corte, con l'obbligo di registrare i doni ricevuti, di astenersi da attività politiche e partecipare alle decisioni in caso di conflitto di interessi.
Terzo e ultimo: è necessario limitare l'immunità presidenziale. Con un emendamento che prenderebbe il nome di uno slogan ovvio quanto efficace - «Nessuno è al di sopra della legge» - Biden punta a una modifica costituzionale per revocare l'immunità del presidente degli Stati Uniti per crimini commessi durante il suo mandato. Brucia ancora in casa dem - fresca di un mese - la decisione della Corte Suprema di concedere l'immunità parziale a Trump da azioni penali «per i suoi atti ufficiali», che ha riguardato il processo che lo vede imputato per aver cercato di sovvertire i risultati delle ultime elezioni presidenziali, provocando l'assalto a Capitol Hill il 6 gennaio 2021.
«Il presidente Biden e la vicepresidente Kamala Harris non vedono l'ora di lavorare con il Congresso e di dare potere al popolo americano per prevenire l'abuso del potere presidenziale, ripristinare la fiducia nella Corte Suprema e rafforzare la tutela della democrazia», spiega la Casa Bianca. Biden punta il dito contro le «opinioni estreme» della Corte, che «stanno minando la fiducia nelle sue decisioni» ed è chiaro il riferimento alla sentenza della Corte che due anni fa ha cancellato il diritto federale all'aborto, stabilito nel 1973. Per lo speaker della Camera, Mike Johnson, la proposta nasce «già morta», in assenza dei numeri al Congresso.
Per Trump è «una delle tipiche farse» di Biden, perché anche il presidente «vuole disperatamente l'immunità». Kamala Harris promette invece che se sarà eletta porterà avanti le riforme, «che aiuteranno a ripristinare la fiducia nella Corte, rafforzare la democrazia e garantire che nessuno sia al di sopra della legge».
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