Ritorno all'Unione Sovietica

Mosca e l'ombra dell'autarchia Urss: isolamento, crollo della valuta e gente in coda per fare la spesa. Il partito Russia Unita: "Nazionalizziamo le aziende occidentali"

Ritorno all'Unione Sovietica

Autarchia in salsa russa. È questo il refrain che viene suonato a ripetizione, in questi giorni, nelle stanze del potere moscovita. Ieri sul tema si è esibito Andrei Turchak, il segretario di Russia Unita, il partito del presidente Vladimir Putin. Turchak ha proposto di «espropriare e nazionalizzare» gli impianti produttivi delle aziende occidentali che hanno sospeso le attività nel Paese come forma di protesta contro l'invasione dell'Ucraina. Una presa di posizione quasi obbligata dopo che i cittadini russi si sono lanciati carrello alla mano in una sorta di shopping pre apocalittico per cercare di comprare tutto il possibile, a partire dall'Ikea, prima che i grandi gruppi occidentali tirino giù la serranda. Ieri al gruppo si è aggiunto anche Mc Donald's che pare si sia orientato a chiudere 850 ristoranti nel Paese. «Russia Unita propone la nazionalizzazione degli impianti manifatturieri delle compagnie che hanno annunciato di lasciare e chiudere le proprie fabbriche in Russia in occasione dell'operazione speciale in Ucraina», ha detto Turchak con un eufemismo sulla guerra che è già autarchia, o dissociazione mentale, nell'uso delle parole. «Azioni di questo tipo delle aziende occidentali ha aggiunto nascondono nient'altro che bancarotta fraudolenta. Si tratta di una decisione politica il cui prezzo è che un gran numero di lavoratori russi licenziati».

Al momento è una minaccia non ancora attuata: «È una misura estrema, ma non tolleriamo le pugnalate nella schiena». Ma si inserisce in una serie di scelte che sembrano voler portare la Russia indietro di decine di anni. Esattamente come il tentativo, che però ha alle spalle un lavorio di anni, di staccare il popolo russo dalla connessione globale del web. Già nel 2019 era stato lanciato il progetto RuNet, su cui il Cremlino ha investito circa 32 milioni di dollari, un maxi intranet in cui dall'11 marzo i cittadini della Federazione potrebbero trovarsi confinati. Sarebbe molto più difficile da aggirare con una vpn del Great Firewall utilizzato in Cina. Dovrebbe garantire che i russi ricevano solo e soltanto un informazione «corretta» dal Cremlino. Su Twitter Alexei Navalny ha mostrato i risultati di sondaggi realizzati a Mosca tra chi usa internet. Il 25 febbraio solo il 29% considerava la Russia un aggressore, ma già il 3 marzo il 53% indicava la Russia come aggressore.

Gli effetti economici di queste strategie? Secondo gli esperti per la Russia, sommati alle sanzioni, sarebbero economicamente devastanti. Riporteranno alle code per la spesa di Brezneviana memoria, mentre carte di credito e reti bancarie smettono di funzionare e il relativo lusso a cui almeno una parte della popolazione ha avuto accesso si sgretolerebbe sul colpo, anzi si sta già sgretolando. Nel Paese isolato dal punto di vista economico si è già verificata una catena di eventi. Il primo è stato il crollo della valuta, il secondo la corsa al contante, il terzo è una politica monetaria difensiva, basata su alti tassi di interesse e controlli sui capitali. Ma quando c'è una crisi di fiducia, la salita dei tassi e blocco all'uscita dei capitali sono armi spuntate.

Però ci sono modelli internazionali a cui i russi potrebbero guardare. Ad esempio all'Iran che da 43 anni sopravvive a un regime di sanzioni. Storicamente le sanzioni non sono, infatti, l'arma più efficace o, quantomeno, la più rapida verso i regimi. Negli ultimi vent'anni però i russi non hanno vissuto come gli iraniani e non è detto che siano disposti a farlo, a partire dalla parte più ricca, e politicamente influente, della popolazione. Anche la «sponda» cinese a Mosca, che potrebbe alleggerire l'effetto della situazione e non costringere ad una vera autarchia, è tutta da valutare. Pechino fa affari con tutto il mondo e sta già iniziando a capire quanto le sta venendo a costare l'avventurismo di Putin. Resta a Mosca l'arma della ritorsione diretta per le sanzioni: ovvero chiudere del tutto i rubinetti del gas agli europei che si stanno ancora, organizzando per gestire questa possibilità. Un decreto firmato ieri da Putin dà mandato al governo di stilare in due settimane una lista di Paesi per i quali saranno vietati i movimenti di export e import «per salvaguardare la sicurezza della Russia». Il divieto riguarderà, prodotti finiti e materie prime.

Ma la sberla per i rivali equivarrebbe a un'altra devastante perdita di introiti per la Russia. «Io sono un autarchico» è un bel titolo per un film di Nanni Moretti ma è un programma politico devastante per uno Stato del XXI secolo.

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