L'Europa reagisce. Cambia registro rispetto a un passato trascorso a tergiversare attorno alle definizioni di attentato: dice stop al garantismo a difesa delle atrocità. Si scrolla di dosso ogni cautela sull'indicazione della matrice islamica dei gesti. E non rimanda più i giudizi a perizie psichiatriche per indicare l'effettiva natura di attacchi sanguinari di killer imbevuti di ideologia anti-occidentale.
I due assalti terroristici messi a segno da due stranieri irregolari, due in soli 5 giorni (Arras e Schaerbeek, in Francia a un prof e in Belgio a tifosi svedesi), hanno fatto scattare qualcosa nei leader dei Paesi Ue, specie in quelli coinvolti dalla barbarie che ha riportato Daesh, lo Stato islamico, sui tg. Macron ha certificato che «non sarà mai possibile in uno stato di diritto avere un sistema in cui il rischio terrorismo sia completamente sradicato». Ammissione secca («tutti gli Stati europei sono vulnerabili») e un chiaro monito a interrogarsi sulle decisioni da prendere. La premier francese Borne annuncia: «Saremo spietati con gli stranieri radicalizzati». Il ministro dell'Interno Darmanin chiede al Parlamento di dare a se stesso e ai prefetti «i poteri per proteggere i francesi». Insomma, si cambia. Almeno negli approcci.
Reazione inedita. Tutta Europa passa al setaccio i luoghi sensibili in ogni Paese, proteggendoli a dovere. Perfino gli stadi, con Londra che blinda Wembley per Inghilterra-Italia; con Parigi che non ci pensa due volte a evacuare - ieri - il castello di Versailles per la seconda volta in tre giorni come già fatto per Louvre. Pazienza per le migliaia di persone costrette a uscire per un allarme bomba, anche se si rivela falso. C'è però un ulteriore tassello, dal caso Svezia. Ieri il premier Ulf Kristersson ha ammesso che il suo Paese è «più minacciato che mai». Dando un'altra scossa all'Ue: «Non siamo noi che dobbiamo adattarci ai terroristi, dobbiamo proteggere la nostra società democratica e difendere i nostri valori che sono nel mirino», dice dopo esser stato costretto a schierare l'esercito accanto alla polizia che non riesce più a tenere a bada gang di rifugiati che la Svezia ha accolto. Troppi permessi, molti ricorsi. E poche armi per espellere chi vìola la fiducia del Paese ospitante. I roghi del Corano figli dalla libertà di espressione hanno esposto la Svezia ad ulteriori minacce: anche di al Qaida. Torna dunque d'attualità il dossier Europol. Il grosso del jihadismo che ha colpito l'Europa è in Europa. E non è intermittente. Per terrorismo, le polizie Ue contano 380 arresti nel 2022. La maggior parte di matrice islamica; innesco considerato minaccia maggiore per il Vecchio Continente. Il «ritorno» del terrore segna uno spartiacque. Come l'assalto di Hamas in Israele. Dove non arriva l'intelligence, per limiti che ogni democrazia deve darsi, si provano a mettere in campo nuovi strumenti. Politici: espulsioni più rapide. E per gli 007, meno affidamento sulla tecnologia. Macron assolve i Servizi, «niente falle». Non sono riusciti a fermare il 20enne ceceno che ha colpito, anche se l'avevano controllato 24 ore prima. Chiede «una società sotto vigilanza», bocciando lo Stato di emergenza permanente. Ma cosa vuol dire? Un po' come fatto dal cancelliere tedesco Scholz, più scioglimento di associazioni (non solo pro-Hamas); più poteri ai governi, meno ai tribunali. E prevenzione contro quel che il procuratore francese antiterrorismo ha definito «attacco ai valori»: il terrorista di Arras oltre al giuramento Isis rivendicava odio per «la Francia e la democrazia».
I meri inviti ai gestori di moschee a condannare non sono serviti. Si tornerà a infiltrarsi, presidiare. Anche la scuola. La Francia denuncerà per esempio 179 alunni che hanno contestato il ricordo del prof assassinato.
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