Romi, Emily e Doron libere tra i miliziani. "Tornano dalle madri". Resta l'ansia per Yarbel

I passi solitari a Gaza, gli abbracci dopo 471 giorni, le visite mediche. Rilasciate con una borsa di souvenir

Romi, Emily e Doron libere tra i miliziani. "Tornano dalle madri". Resta l'ansia per Yarbel
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Camminano da sole per le strade di Gaza. Nessuno che le aiuti, che le sostenga. A pochi metri da loro, delle mitragliatrici mute appese al collo di una folla di miliziani col volto coperto. Pochi passi, nemmeno il tempo di una sigaretta, per andare dai pick up di Hamas che le hanno portate fin là ai mezzi della Croce Rossa che sono venuti a prenderle.

La camminata serve anche a capire che Doron, Emily e Romi stanno bene, almeno in apparenza. «Gli ostaggi Romi Gonen, Emily Daman e Doron Steinbrecher sono ora in mani sicure. Sono nelle nostre mani. Stanno tornando a casa», il portavoce dell'Idf Daniel Hagari dà così voce alle parole che tutta Israele voleva ascoltare da 471 giorni. Le tre ragazze vengono portate in un compound dell'Idf vicino al confine con la Striscia e qui incontrato le loro madri, placando la prima sete di abbracci. Poi un primo sommario controllo medico, quindi un viaggio verso il Safra Children's Hospital presso lo Sheba medical center, dove trascorreranno i primi giorni assistite da personale specializzato e di supporto. Un ospedale pediatrico per tre giovani adulte, per garantire loro più tranquillità.

Doron, Emily, Romi. Si chiama così la felicità in questa domenica di gioia dopo tanto dolore e tanta rabbia. Che qualcuno in Israele ancora coltiva, e il dolore tornerà purtroppo, e poi ci sono le famiglie di chi deve ancora tornare a casa che un po' esultano e un po' tremano, mille cose possono ancora andare storte, ma non è il giorno per questi discorsi. Le famiglie delle tre ragazze hanno preparato la festa, messo i vestiti migliori, indossato i sorrisi più limpidi, ringraziato il loro Dio per avere accolto le mille preghiere vibranti a lui rivolte. Chissà in quali cassetti metteranno i souvenir che i miliziani hanno dato alle ragazze prima di liberarle: un sacchetto-regalo con dentro un'immagine di Gaza, foto di loro durante la prigionia e anche un «certificato». Memorie dal sottosuolo.

Libera Doron Steinbrecher, un'infermiera veterinaria israeliano-romena di 31 anni. Quel 7 ottobre del 2023 si era nascosta sotto un letto della sua camera nel kibbutz Kfar Aza e prima di essere portata via ebbe il tempo di prendere confidenza con il destino e di registrare e inviare un vocale: «Sono arrivati, mi portano via». Una frase a cui parenti e amici si aggrapparono nei lunghi giorni in cui non si sapeva a quale elenco aggiungere il suo nome, se quello dei morti o quello dei dispersi.

È libera Romi Gonen, 24 anni, un'ex scout calma e disciplinata. Venne rapita al Supernova Festival dove era andata con la sua migliore amica. Quel 7 ottobre il luogo dell'evento era stato assaltato dai miliziani di Hamas all'alba e lei aveva fatto una lunghissima telefonata con mamma Meirav, mentre cercava la fuga su un'auto con degli amici. «Mi hanno sparato mamma, sto sanguinando. Stiamo tutti sanguinando».

È libera Emily Damari, 28 anni e la doppia cittadinanza, israeliana e britannica. Anche lei si trovava nel kibbutz Kfar Aza, dove quel 7 ottobre furono uccise più di duecento persone, circa un sesto della terribile contabilità di quello shabbath maledetto, e anche lei alle 10 del mattino inviò l'ultimo messaggio: «Qui vicino sparano». Ora saluta con la mano fasciata davanti al fotografo, senza il medio e l'anulare. Ma il sorriso, quello, è tutto intero e contagioso.

E poi c'è lei, Arbel Yehud, la ventinovenne inserita inizialmente nella lista della felicità e poi sostituita all'ultimo, proprio da Emily Damari. Rapita con il suo fidanzato da kibbutz Nir Oz, potrebbe far parte del prossimo contingente di rilasci, ma la famiglia fa fatica a sperare dopo la delusione vertiginosa provata ieri.

Come loro i parenti di tutti gli altri prigionieri di Hamas, a cui fa riferimento il presidente del consiglio israeliano Benjamin Netanyahu, che ha avuto nel Forum delle famiglie degli ostaggi l'opposizione più dura di questi quindici mesi e passa di guerra. «Lo prometto: riporteremo tutti a casa!», grida su X.

Una rondine non fa primavera, tre forse sì.

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