La Russa, missione in Israele: "La Carta? È antifascista"

Passo storico per il presidente del Senato e per Fdi fra Museo della Shoah, Knesset e Muro occidentale

La Russa, missione in Israele: "La Carta? È antifascista"

Una giornata particolare. Il presidente del Senato Ignazio La Russa vola alla volta di Israele, viene accolto nel Parlamento dello Stato ebraico, incontra il premier Benyamin Netanyahu per un faccia a faccia di 15 minuti, e parla con la comunità ebraica di origine italiana.

È un giorno storico, non solo per lui ma per la comunità politica in cui ha trascorso la sua - ormai lunga - vita politica, la destra italiana. Un giorno di emozioni e appuntamenti istituzionali. La Russa visita lo Yad Vashem, solenne Memoriale mondiale della Shoah, e poi in forma privata si ferma in raccoglimento al Muro occidentale: «Chi viene qui deve fare sempre un bagno di umiltà e un bagno di riflessione».

La Russa è accompagnato dall'ambasciatore Sergio Barbanti, e il presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi, suo amico, lo segue passo per passo. Alla Knesset stringe la mano al suo omologo israeliano, Amir Ohana, e riafferma il diritto all'esistenza e alla sicurezza dello Stato ebraico. «Mai più un odio così bestiale» scrive nel libro del ricordo del centro di Gerusalemme.

Incontra la Comunità di origine italiana alla sinagoga di Rehov Hillel e le parole sono pesanti. «Se l'Italia è antifascista nel midollo non lo so ma nella Costituzione sicuramente» dice, rispondendo alla domanda se condividesse o meno l'affermazione del presidente Vito Anav secondo cui «l'Italia di oggi è antifascista nel suo midollo costituzionale». «Ho sentito quello che ha detto - aggiunge - e avete sentito anche la mia risposta». «Attenti e vigili certamente ma anche con ottimismo che la storia abbia insegnato quello che doveva insegnare» conclude Anev.

La Memoria della Shoah, l'attualità dello Stato ebraico, le radici e le prospettive della politica italiana. Questi i nodi intorno al quale si tesse la tela di questa missione, che arriva dopo altri momenti politici cruciali: le lacrime di Giorgia Meloni, a dicembre, in occasione della accensione delle luci di Hannukah al Museo ebraico di Roma, e poi la celebrazione della Giornata della memoria a Palazzo Madama, con il sopravvissuto Sami Modiano, le scuole e una delegazione di comunità italiane.

La Russa in Israele riprende questo filo. «Ogni volta che mi sono simbolicamente inginocchiato in questo luogo di dolore e di ricordo - dice al World Holocaust Center - ho rinnovato il sentimento di vicinanza al popolo ebraico e il proposito di contribuire a far sì che mai più ci sia un odio così bestiale. Sono i gesti quelli che contano quando si viene in questo luogo di memoria, di ricordo ma anche luogo di monito».

E questo è un altro passo avanti, per la destra, lungo un percorso di emancipazione da un passato collettivo, anche controverso, che è partito con il Msi del primo Dopoguerra per arrivare a svolte inequivocabili sul terreno ideologico e simbolico, come quella che 20 anni fa portò l'allora leader di An Gianfranco Fini proprio allo Yad Vashem, a parlare del «male assoluto» di cui il fascismo era parte, e della «infamia senza giustificazione» delle leggi razziali. Anche per La Russa la condanna delle leggi razziali e la difesa dello Stato ebraico non sono certo novità recenti: «La mia condanna delle Leggi razziali senza se senza ma è molto antica - ricorda - e sin da quando io faccio politica la difesa dell'esistenza, della integrità e dell'indipendenza di Israele è stata uno dei capisaldi della linea politica dei partiti a cui ho appartenuto».

Ma «l'accoglienza che ho avuto alla Knesset, l'applauso congiunto, non solo dalla parte della maggioranza ma anche dalla opposizione - confessa - mi ripaga di tante piccole vicissitudini che uno può avere nelle sua vita politica».

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