L' Asse del Male russo-cinese è in crisi? Le strategie di Vladimir Putin e di Xi Jinping sono così incompatibili da spingere Pechino a rinnegare l'«Alleanza senza limiti» annunciata in pompa magna al mondo intero un anno fa? Xi starebbe addirittura imboccando un percorso di riavvicinamento magari solo tattico agli Stati Uniti per evitare di trovarsi impigliato nei guai bellici dell'alleato di Mosca? Difficile crederlo. Specialmente dopo che, come documenta il Wall Street Journal in un approfondimento basato sulla verifica dei dati doganali, è emerso che contrariamente alle dichiarazioni ufficiali - la Cina sta aiutando sottobanco il Cremlino nella sua guerra all'Ucraina.
Aziende statali cinesi del settore degli armamenti stanno aiutando le consorelle russe ad aggirare le sanzioni occidentali e i controlli all'importazione di materiale e tecnologia necessari per alimentare il conflitto. In particolare, afferma il giornale americano, società russe sanzionate stanno ricevendo dalla Cina attrezzature per la navigazione, tecnologia e componenti per jet da combattimento. Tutto ciò stride con il dichiarato impegno cinese ad astenersi dall'invio di armi alla Russia e dalla spesso ribadita volontà di sostenere il diritto dell'Ucraina alla propria integrità territoriale.
Il problema è che la guerra si avvicina alla sua fase più dura e decisiva, e le priorità cambiano: Xi non può permettersi che Putin ne esca sconfitto, magari politicamente indebolito se non addirittura disarcionato da un colpo di Stato. Cerca dunque di aiutarlo senza farsi sorprendere con le mani nella marmellata. Invano, poche settimane fa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva scritto al collega cinese cercando di ottenerne lo sganciamento da un alleato che ha ormai puntato tutto su una guerra senza ritorno, invano aveva chiesto un suo impegno sincero per una pace giusta. Le notizie più recenti depongono invece per una scelta cinese di ambiguità. Se non peggio.
Laddove peggio significa un rilancio dell'alleanza con la Russia che regge alle difficoltà economiche di entrambi i contraenti e rimarca la sua natura politica e geostrategica. Dalla recente visita del viceministro degli Esteri cinese Ma Zhaoxu al capo della diplomazia russa Sergei Lavrov è uscita rafforzata la volontà delle due principali potenze autocratiche mondiali di continuare la loro sfida al «decadente liberalismo» di cui avevano parlato Xi e Putin nel loro incontro a Pechino esattamente un anno fa, alla vigilia dell'invasione dell'Ucraina.
La vera dimensione di quest'asse si conferma globale. Non a caso, un anno fa, i due dittatori avevano assicurato che Russia e Cina si sarebbero «sostenute vicendevolmente»: l'obiettivo è rendere sostenibile la lotta contro quell'«Occidente collettivo» di cui parla Putin nei suoi discorsi con cui cerca di giustificare anche ideologicamente la sua guerra imperialistica. Siamo noi il suo vero nemico, non l'Ucraina, esattamente come il vero bersaglio della prossima guerra di Xi non è certo la sola piccola Taiwan.
E così, mentre un Occidente molto più unito di quanto Putin aveva previsto fornisce sostegno militare, economico e prospettiva politica all'Ucraina aggredita, Xi passa sottobanco quel che può al suo «alleato di ferro». Si parla di un incontro al vertice tra i due leader da confermare, ma pieno di significati entro il prossimo aprile. Intanto, proseguono gli sforzi di collaborazione economica (da cui Pechino si avvantaggerà perché è più solida della Russia, ma intanto i due colossi viaggiano affiancati) e, a piena velocità, anche il livello visibile della collaborazione militare, che coinvolge su diversi piani altri soggetti minori.
Ed ecco dunque le imminenti manovre navali congiunte nell'Oceano Indiano tra Russia, Cina e Sud Africa, le forniture di droni e missili iraniani a Mosca, la riduzione di fatto della Bielorussia a base per l'aggressione a Kiev, l'invio di munizioni e maestranze nordcoreane per la conquista e la ricostruzione per mano russa della sventurata Ucraina. Più che un Asse, un'Idra, viva e vegeta.
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