Una mezza marcia indietro. Con un regalo inatteso sotto l'albero di Natale degli italiani: la possibilità di riunire le famiglie il 25 dicembre, dribblando i confini dei comuni. Sembrava un muro invalicabile: no a deroghe e eccezioni, ammonivano i ministri Speranza e Boccia. Invece, qualcosa si muove: le proteste della società, le obiezioni dei governatori, i paradossi raccontati dai giornali che hanno scavato nell'infinita casistica dei campanili separati ma distanti solo poche centinaia di metri. Il decreto che regola la spinosissima materia è in arrivo in Parlamento: pareva che anche il calendario fosse ostile e non ci fosse il tempo per mettere mano ai divieti. Che senso avrebbe togliere o attenuare le restrizioni, se l'intervento nel cantiere legislativo si sviluppa dopo Santo Stefano, in coda alla legge di bilancio? Ma non è nemmeno così, perché anche la tempistica è figlia della sensibilità politica e il pressing trasversale dei governatori, dell'opposizione, di Italia Viva alla fine ha scalfito certezze granitiche. Il governatore del Piemonte Cirio aveva scritto al premier Giuseppe Conte spiegandogli che il Piemonte non è solo Torino, ma una miriade di paesi e paesini arroccati nella loro solitudine e costretti ora, nei giorni degli affetti, a salutarsi da lontano.
Così Conte coglie la complessità del momento e lascia balenare una possibile soluzione che passa per la cruna dell'ago delle Camere. «Non dobbiamo creare occasioni di convivialità fra persone non conviventi - attacca il capo del governo da Bruxelles - su questo c'è grande sensibilità. Il Parlamento può, se vuole, assumendosene tutta la responsabilità, introdurre qualche eccezione ai divieti per i comuni più piccoli, in modo da permettere una circolazione in un raggio chilometrico contenuto».
Insomma, un mezzo passo indietro, tutto da definire ma senza buttare a mare lo scudo appena forgiato. «Qualsiasi misura che possa costituire un'eccezione - prosegue Conte - deve essere presa con grande cautela e attenzione, perché non può saltare l'impianto complessivo. Una terza ondata non possiamo permettercela». Il premier non arretra, ma disegna la strada, prevista del resto dall'iter normativo.
Che cosa accadrà in concreto? La correzione potrebbe diventare un emendamento del decreto di Natale oppure, secondo altre interpretazioni, potrebbe essere inserita nel decreto ristori. Difficile circoscrivere il punto: far saltare i confini dei piccoli comuni, sotto i 5mila abitanti? Penalizzerebbe quelli appena più grandi e complicherebbe i controlli con migliaia di uomini sul territorio e i droni in cielo. Altra ipotesi: chiudere solo le province, lasciando carta bianca all'interno.
Contrario alla più piccola modifica resta Roberto Speranza: «Ho molto rispetto per il dibattito parlamentare, ma per me le norme approvate sono quelle giuste». Sulla stessa linea il virologo Andrea Crisanti che però muove critiche pungenti: «Il governo deve mantenere il divieto per coerenza, oppure dovevano pensarci prima». Non molla neppure il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri: «Oggi dico che è meglio una chiusura».
Il contrario di quel che predica Luigi Di Maio: «Ritengo sia assurdo non permettere ai familiari che abitano in piccoli comuni limitrofi di trascorrere il Natale e il Capodanno insieme». Il presidente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini cerca la quadratura sulla strada mediana del «buonsenso». Ma dura un attimo. «Natale e Capodanno - tuona da Napoli Vincenzo De Luca - quest'anno non esistono».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.