Sì all'autonomia, ma esplode lo scontro. Intanto la riforma arriva in aula alla Camera

Le opposizioni non votano per protesta. Ciriani (Fdi): "Non si toglie niente al Sud"

Sì all'autonomia, ma esplode lo scontro. Intanto la riforma arriva in aula alla Camera
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È scontro sull'autonomia differenziata che arriva in Aula alla Camera domani. Ieri la commissione Affari costituzionali ha dato via libera al testo ma le opposizioni non hanno partecipato al voto per protesta. Anche contro la cosiddetta «ghigliottina», per cuisono stati votati 80 emendamenti sui 2200 presentati, il che ha consentito di accelerare i tempi. Compatta la maggioranza, con il ministro per i rapporti col Parlamento Luca Ciriani che assicura: «Arriva in Aula l'autonomia differenziata e la settimana successiva anche il premierato. Non dobbiamo temere queste sfide. A chi ci dice che potrebbero mettere in difficoltà l'assetto nazionale dico che noi siamo qui a garantire che nessuna riforma creerà cittadini di serie A e cittadini di serie B. Tutti avranno gli stessi diritti e gli stessi doveri. È una riforma delle autonomie regionali che aggiunge qualcosa a chi lo chiederà ma non toglie niente agli altri».

Ma in commissione a Montecitorio sono giorni difficili e il testo del ddl Calderoli esce dopo quello che l'opposizione bolla come uno «strappo istituzionale». Il caso si è aperto per il voto bis sull'emendamento a prima firma M5s che è stato rimesso ai voti dal presidente della commissione Nazario Pagano, Forza Italia. Tutto perché giorni fa lo stesso emendamento era passato con dieci voti a favore e sette contrari, ma alla votazione era assente la Lega. Per il centrodestra quella votazione non sarebbe stata regolare perché alcuni parlamentari del Carroccio erano fuori dalla porta, il voto era iniziato ma la procedura non era finita. La decisione di far ripetere il voto presa dal presidente Pagano ha innescato lo scontro. «Quanto accaduto in commissione affari costituzionali è un grave precedente che avrà ripercussioni per tutta la legislatura - attacca la capogruppo Pd Simona Bonafè - Il presidente ha piegato il regolamento ai voleri del governo e ha imposto a tutti gli effetti una dittatura della maggioranza. Tempi strozzati e voti irrisori, votati poco più del 2% degli emendamenti». Per Alessandro Urzì, capogruppo di Fdi in Commissione e relatore al provvedimento invece «era tempo di tirare le somme. L'unico obiettivo delle opposizioni era quello di dilazionare senza fine la conclusione di una discussione già di per sé infinita. Discussi e votati 51 emendamenti e ancora 2118 da trattare. Evidente l'azione ostruzionistica». Il M5s attacca, con il capogruppo in Commissione Alfonso Colucci: «Abbiamo chiesto di lavorare stanotte, di farlo domenica. Ma niente. La maggioranza ci ha sbattuto la porta in faccia, una brutta pagina per le nostre istituzioni. Siamo davanti a un provvedimento che è in grado di cambiare il Paese nelle sue fondamenta. Eppure non è stato possibile dibatterlo e tutto si è dovuto consumare in appena due settimane».

In una nota i deputati leghisti invece esultano: «L'ultimo passo dopo anni di attesa. Finalmente ci siamo. Per il Paese si tratta di una grandissima opportunità di crescita. L'assurdo ostruzionismo della sinistra è stato sconfitto, promessa mantenuta».

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