
Tagliata fuori dalle trattative fra Kiev e Mosca. E senza uno straccio di esercito a specchiare la sua presunta, molto presunta potenza. L'Europa deve ripensarsi nel momento in cui la storia è a un tornante decisivo.
Emmanuel Macron, che ha organizzato un vertice a cui non tutti gli stati europei sono stati invitati, ha ricordato al Financial Times che abbiamo perso in contemporanea l'infinito mercato cinese per piazzare le nostre merci, il gas russo per produrre a basso costo, l'ombrello americano per la sicurezza. Tre disgrazie in un colpo solo. La sicurezza è una priorità ed è tornata d'attualità ben prima che Donald Trump rientrasse come un tornado alla Casa Bianca. Le immagini, drammatiche, della fuga americana da Kabul erano state più eloquenti di un campanello d'allarme. Solo che dall'estate del 2021 sono passati tre anni e mezzo, i segnali si sono moltiplicati, la Russia ha attaccato l'Ucraina riportando indietro l'Europa di ottant'anni e Trump lancia continui avvertimenti sul disimpegno del gigante americano alle nostre latitudini.
E l'esercito europeo? I progetti languono e i partner occidentali si arrabattano nel rispondere al presidente che da Washington ripete ossessivamente che tutti i paesi dovranno destinare il 5 per cento del Pil alla Nato e agli apparati militari.
Figurarsi. Siamo lontanissimi da queste percentuali e già salire al 2 per cento vorrebbe dire fare un passo in avanti. Forse un aiuto alla discussione può venire proprio dalla premier e da una sua riflessione, affidata ad Alessandro Sallusti nel libro La versione di Giorgia. «Ovviamente - risponde la premier ala domanda del direttore del Giornale - sono perché l'Europa si doti di un apparato militare forte». Parole che abbiamo letto infinite volte e che tutti i leader europei, più o meno, condividono. Ok, ma in concreto?
E qui arriva la suggestione: «Dopodiché abbiamo la Nato, siamo nella Nato. Quindi se metti a tema la creazione di un esercito europeo e hai la Nato, o fai un doppione e quindi produci una cosa inutile se non addirittura una brutta copia, o devi fare quello che noi sosteniamo da tempo, cioè una colonna europea della Nato».
Ecco il suggerimento del presidente del consiglio: dare vita ad una colonna europea dell'Alleanza atlantica. Più di un generale storcerà il naso ed esperti vari metteranno in dubbio debolezze e criticità della proposta, ma l'idea ha una sua logica che meriterebbe di essere discussa. C'è già sul campo un grande esercito, si tratterebbe di rafforzarne il lato europeo. Non può sfuggire all'osservatore anche distratto che un conto è partire da zero, altra cosa è sviluppare, adeguare, modificare - si può utilizzare il verbo che si preferisce - una struttura che già esiste ed opera. Non un doppione, come dice la premier, che alimenterebbe interminabili discussioni, interferenze e sovrapposizioni, ma uno spin off, o comunque un format operativo, certo da perfezionare.
Fra l'altro, si uscirebbe così dal pantano delle dichiarazioni altisonanti e inconcludenti, peraltro un tratto della Ue di questi tempi.
«È evidente - aggiunge Meloni - che, anche solo per banali ragioni geografiche, gli interessi europei e quelli americani non sono perfettamente coincidenti. Dunque, il modo migliore per rafforzare l'Alleanza atlantica è, a mio modo di vedere, costruire un equilibrio fra il lato americano e quello europeo».
Rieccoci al nocciolo del «telegramma» Meloni: dare forma all'esercito europeo intorno al pilastro Nato.
Ma nulla naturalmente piove dal cielo: «Questo - è la conclusione della premier - ha un costo in termini di investimenti sulla difesa. La libertà non è gratis». Ma forse è arrivato il momento per comprendere che non è nemmeno scontata.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.