L'OMS - Organizzazione Mondiale del Superfluo, più che della Sanità - ha avvertito l'esigenza di diramare un nuovo, imprescindibile consiglio anti-Covid all'umanità. Nella fattispecie, ha vietato il «darsi di gomito», lo sgraziato saluto oggi tanto di moda.
Fin qui, tutto abbastanza ovvio, ma ripetere giova. Se la gente ancora non ha capito che è la distanza e non solo la stretta di mano il problema, e che strofinando forsennatamente le giunture non si eviterà il contagio, meglio essere chiari. Attendiamo fiduciosi i prossimi anatemi contro il naso-naso eschimese («atai Paraflu»), il fronte-fronte dei Maori, la linguaccia dei tibetani, il bacio sovietico, la bise dei francesi e il gimme five...
Però i tecnici mica si limitano alla pars destruens. No, loro sono propositivi, quindi ci forniscono un'alternativa, evidentemente convinti che senza le loro indicazioni tutti smetteremmo di salutarci improvvisamente, un genere umano di soli liguri (si scherza, eh). Che faremo dunque quando stamattina usciremo di casa? Il saluto romano alla portinaia risulta essere reato. Il saluto militare all'edicolante è legale, ma è un po' guerrafondaio e sospetto. Magari un inchino in edicola: mi dia il Giornale, onorevole Edicolante San. O ancora meglio un bel namastè a mani giunte al collega, sotterriamo le tensioni in nome della pace e dell'armonia...
No, l'OMS ci dice che dobbiamo salutarci «portando la mano sul cuore». Non è ancora chiaro se sarà lecito mimare il cuoricino tipo i calciatori quando segnano o se bisognerà picchiarsi il pugno sul petto, seguirà evidentemente un decreto attuativo che spiegherà i commi mancanti. Nel frattempo, è curioso notare come per l'OMS il problema principale sia il saluto. Non le mascherine, su cui le famose linee guida da febbraio sono cambiate infinite volte (non servono, no sono fondamentali, valgono solo le FFP2, no va bene anche un tanga in faccia, le mettano tutti, anzi no solo dai 12 anni). Non i test sierologici che ancora non si sa se siano efficaci e se sia meglio effettuarli a tappeto o mirati. No, il problema è dare istruzioni su come salutarci fra noi.
Rispettosi della scienza, ritiriamo volentieri i gomiti, che già non c'era motivo di toccare e abbracciare chicchessia prima, figuriamoci in una pandemia. Altrettanto, memori della buona educazione e del buon senso, rifiutiamo cortesemente il nuovo saluto emotivo da supergiovani.
E fieri del nostro basso profilo ci affidiamo alla voce: un virile «buongiorno», un amichevole «ciao», perfino uno scostante «ehilà» sono comunque meglio. La mano sul cuore al massimo la metteremo quando ci verrà un infarto, che a forza di sentire scemenze a occhio non manca molto.
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