Tempo fa (era metà maggio) sulle pagine del Fatto Quotidiano Tommaso Montanari ricordava che "per i fascisti e solo per i fascisti non valgono tutte le garanzie costituzionali: per esempio, non valgono la libertà di associazione e di espressione". Una premessa che, associata a quanto va ripetendo Paolo Berizzi di Repubblica sul conto di Fratelli d'Italia e di Giorgia Meloni (e cioè che "faticano a prendere le distanze dalla destra neofascista, quella che discrimina, odia, scende in piazza con i saluti romani e inneggia addirittura a ufficiali nazisti"), serviva a porre le basi per un disegno molto più ampio. Ovvero preparare la strada al primo pasdaran rosso che, saltando in piedi sulla sedia, richiedesse l'estromissione dall'arco costituzionale (e, quindi, dal Parlamento) di Fdi. A farlo ci ha pensato ieri il vicesegretario del Partito democratico, Giuseppe Provenzano, e poco importa se poi se l'è (parzialmente) rimangiato: il suo anatema è l'ennesimo macigno in più scagliato contro la Meloni, il cui partito è ora in testa ai sondaggi, per farla fuori senza passare dalle urne.
Montanari deve avere una sorta di chiodo fisso. Quando non straparla di foibe, se la prende direttamente con la Meloni. Non è l'unico, va detto, ma sicuramente è uno dei più agguerriti. Qualche settimana fa, intervistato da Lilli Gruber, se ne era uscito dicendo che "il partito della Meloni è il punto di riferimento del risveglio del fascismo storico". Ieri sera, sempre a Otto e mezzo, è tornato alla carica andando a prendersela col logo di Fratelli d'Italia: "Ha ancora la fiamma tricolore che in quello del Msi scaturiva dalla bara di Mussolini". A rievocare il fantasma del Duce, durante la stessa trasmissione, si è accodato anche Gad Lerner che, dopo aver a lungo bastonato Matteo Salvini e la Lega, ora ha reindirizzato la mazza contro il nuovo nemico sostenendo che gli argomenti politici portati avanti dalla leader di Fdi sono gli stessi usati dal "tumultuoso Mussolini prima del '22". Il tutto mentre in rete prendeva a circolare una fotografia palesemente fake che ritraeva la Meloni con alle spalle la foto del Duce.
L'intellighenzia rossa e la stampa progressista stanno giocando una partita il cui orizzonte non sono i ballottaggi del prossimo fine settimana ma le prossime elezioni politiche. Il centrodestra è favorito: la maggior parte dei sondaggisti lo danno di poco sotto il 50%. Ora che all'interno della coalizione il peso di Fratelli d'Italia e Lega è pressoché identico, nel mirino dei picchiatori non c'è più solo Salvini ma anche la Meloni. Da qui l'agguato di Fanpage per ridurre i due partiti a formazioni neofastice (se non addirittura neonaziste) pochi giorni prima delle amministrative. La ciliegina sulla torta? Dopo il blitz dei no pass, che sono arrivati a un tiro di schioppo da Palazzo Chigi. In un assurdo cortocircuito dell'informazione si è, infatti, passati dal raccontare l'assalto di un manipolo di esagitati fuori di testa all'accusare la Meloni di connivenza con queste frange violente. Il tutto per preparare, appunto, la strada a chi crede, come il piddino Provenzano, che la Meloni sia "fuori dall'arco democratico e repubblicano".
È fuori dal Parlamento che la sinistra voleva gettare Salvini quando provò, con l'aiuto dei Cinque Stelle, a farlo condannare per aver difeso i confini.
Ed è fuori dal Parlamento che vuole gettare la Meloni appiccicandole addosso accuse assurde che riportano il Paese indietro agli Anni di Piombo. È il solito schema della sinistra: far fuori il nemico dal Parlamento senza passare dalle elezioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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