
Mentre continua lo scontro frontale con l'opposizione sul Manifesto di Ventotene, la maggioranza si ritrova improvvisamente alle prese con un corto circuito interno sul fronte della politica estera. Una tensione che resta in verità sotto traccia, ma che è il termometro di quanto delicati siano gli equilibri all'interno della coalizione di governo sui due principali dossier internazionali: negoziati per la pace in Ucraina e piano ReArm Eu da una parte e rapporto tra Italia e Stati Uniti dall'altra.
Il motivo del contendere è la telefonata tra Matteo Salvini e il vicepresidente americano J.D.Vance, un colloquio di quindici minuti che - fa sapere la Lega - è stato «estremamente cordiale e concreto» e ha affrontato «le opportunità di cooperazione tra i due Paesi» con il vicepremier italiano che «ha anticipato la volontà di una missione negli Usa con imprese e investitori» con l'obiettivo di «rafforzare la partnership tra Roma e Washington». Tra gli altri argomenti trattati, anche «il totale accordo per arrivare a una pace duratura in Ucraina» e «l'eccellenza americana nel campo della connessione satellitare» (ovvero Starlink di Elon Musk). A chiudere il cerchio, lo stesso Vance che sul social X sottolinea «la bella telefonata con l'amico vicepremier Matteo Salvini» e lo ringrazia per il «caloroso benvenuto» riservato alla moglie Usha, in Italia in occasione delle Special Olympics di Torino.
Il colloquio tra i due, però, non deve avere acceso gli entusiasmi né di Palazzo Chigi, né della Farnesina. E contribuisce a confermare l'impressione che all'interno del centrodestra sia in corso una sorta di corsa alla Casa Bianca, peraltro in un momento cruciale nel braccio di ferro sui dazi tra Europa e Stati Uniti. Che Giorgia Meloni e la diplomazia italiana stiano lavorando da tempo a un possibile bilaterale con Donald Trump a Washington, infatti, non è certo un mistero. E il fatto che in parallelo Salvini si muova in completa autonomia è quantomeno inusuale. Anche perché alla telefonata è seguita un'attenta comunicazione che ne ha dato il massimo risalto. Prima la nota della Lega, poi il commento entusiasta di Andrea Stroppa, braccio destro di Musk in Italia, che già qualche giorno fa aveva piuttosto infastidito Palazzo Chigi con i sondaggi contro il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e a favore di Salvini. E infine il post dello stesso Vance. Con buona pace di Meloni, ma anche del ministero degli Esteri. E, dunque, dell'altro vicepremier Antonio Tajani. Che, proprio qualche giorno fa in Transatlantico, intercettato dai giornalisti che gli chiedevano conto dei distinguo di Salvini sui negoziati per l'Ucraina e il ReArm Eu ci aveva tenuto a sottolineare che «la politica estera del governo la fanno il presidente del Consiglio e poi il ministro degli Esteri» e nessun altro. Fino a un certo punto, se il leader della Lega lavora a «rafforzare la partnership tra Roma e Washington» e prepara «una missione negli Stati Uniti con imprese e investitori». Un Salvini che ieri sera è tornato sul suo colloquio con Vance sottolineando che «mentre Trump e Putin parlano di come tenere a terra i missili», altri «parlano di esercito europeo, di spendere 800 miliardi di euro per comprare armi». Insomma, «una follia, un oltraggio».
Da Palazzo Chigi non filtrano commenti, ma è evidente che la premier non può aver gradito un'iniziativa personale e non concordata con lei, proprio nelle stesse ore in cui le rispettive diplomazie stanno cercando di
mettere a terra la prima visita di Meloni alla Casa Bianca da quando Trump si è insediato. Giovedì, invece, la premier dovrebbe partecipare al nuovo vertice dei volenterosi sull'Ucraina convocato a Parigi da Emmanuel Macron.
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