Salvini con Trump ma Tajani frena. La politica estera agita il governo

Meloni al vertice dei volenterosi di giovedì. E Mattarella interverrà sui trattati di Roma

Salvini con Trump ma Tajani frena. La politica estera agita il governo
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Magari, per quanto improbabile, è solo un caso. Di certo, le sortite pubbliche di ieri dei ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto lasciano supporre (per usare un eufemismo) che fossero piuttosto veritieri i rumors secondo cui tra Palazzo Chigi e Farnesina non hanno affatto gradito l'intraprendenza di Matteo Salvini nel coltivare canali diretti con Washington. Un'iniziativa «autonoma» e «non concordata», né con la presidenza del Consiglio, né con la diplomazia italiana. Ma andiamo con ordine.

Tutto inizia con la telefonata di venerdì tra il vicepremier leghista e il vicepresidente americano J.D. Vance, una conversazione di quindici minuti per fare il punto sull'Ucraina, la difesa europea e il piano ReArm Eu (sul quale Salvini non esita in ogni occasione a ribadire il suo profondo dissenso). Ma si parla anche dei rapporti tra Roma e Washington e il leader della Lega fa sapere che si adopererà per favorire la «cooperazione tra i due Paesi» e che sta già lavorando a «una missione negli Usa con imprese e investitori» per «rafforzare la partnership» tra Italia e Stati Uniti. Il tutto con annesso elogio alla «eccellenza americana nel campo della connessione satellitare», che - evidentemente - è un endorsement alla Starlink di Elon Musk.

Un'accelerazione, quella di Salvini, che arriva proprio nelle stesse ore in cui la diplomazia di Palazzo Chigi sta lavorando alacremente a una possibile e imminente visita di Giorgia Meloni alla Casa Bianca, per quello che sarebbe il suo primo bilaterale con Donald Trump (la trasferta a Mar-a-Lago del 5 gennaio risale ai giorni prima dell'insediamento, mentre durante la partecipazione della premier all'inauguration day del 20 gennaio non c'è stato un vero e proprio faccia a faccia tra i due). Inevitabili, dunque, le perplessità sull'attivismo di Salvini, soprattutto in un momento cruciale nel braccio di ferro sui dazi tra Europa e Stati Uniti. Dubbi che arrivano dall'entourage di Meloni, ma anche da Antonio Tajani, che è vicepremier come il leghista ma pure ministro degli Esteri.

Salvini, in verità, prova a giocare d'anticipo. E in mattinata prima elogia Trump che «in due mesi sta facendo per la pace più di quello che altri hanno fatto in anni» e poi bolla i retroscena dei giornali come «inesistenti», «surreali», «non giornalismo» e paragonabili a «Scherzi a parte» perché «ho solo fatto l'interesse nazionale». Passa qualche ora e dal ministro degli Esteri Tajani non sembra arrivare la stessa lettura. «Sulla politica estera - fa sapere gelido il vicepremier di Forza Italia - la linea la danno premier e ministero degli Esteri. Il resto sono iniziative legittime ma personali». Una risposta netta. Anche se quello che davvero pensa Tajani è riassunto dalle parole del presidente del Ppe, Manfred Weber. «Bisogna smettere di seguire i populisti, l'amministrazione americana - dice il leader dei Popolari europei - è per definizione nostra partner, ma tutti capiscono che Trump per noi è una sfida. E io sono preoccupato che Salvini e altri del gruppo dei Patrioti lo ammirino, perché Trump ora vuole imporre i dazi contro i prodotti europei». Sulla rete Starlink - su cui a Bruxelles hanno espresso forti perplessità la maggior parte dei leader europei - è invece il ministro della Difesa Crosetto a tirare il freno a mano. «Il punto è cosa è più utile e sicuro per la nazione. Mi sembra - dice a Repubblica - che tutto si sia fermato, anche perché il tema è passato da Starlink alle dichiarazioni della e sulla persona» (cioè Musk).

È in questo quadro un po' confuso che Meloni si presenterà giovedì a Parigi al vertice dei cosiddetti volenterosi per l'Ucraina convocato dal presidente francese Emmanuel Macron. Con in casa gli strascichi della polemica sul Manifesto di Ventotene. Ancora ieri i big di Fdi (dal capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami al capo-delegazione a Bruxelles Carlo Fidanza) rivendicavano la bontà delle parole di Meloni.

Sulle quali non è escluso possa dire qualcosa Sergio Mattarella domani mattina, quando alle 12 interverrà a Roma all'inaugurazione del villaggio «Agricoltura è». Il capo dello Stato, infatti, risponderà a tre domande degli studenti di un istituto agrario, di cui due sull'agricoltura e una sui Trattati di Roma del 25 marzo 1957, considerati l'atto di nascita dell'Europa.

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