«Secondo me zio ha ucciso Saman strangolandola, perché quando è tornato a casa non aveva nulla in mano». Pesano come macigni le parole del fratello 16enne della ragazza pakistana scomparsa a Novellara, affidato a una comunità protetta nel Bolognese dopo essere stato fermato a Imperia. La sua testimonianza è ritenuta dal Gip Luca Ramponi «piena prova indiziaria» della responsabilità dello zio Hasnain Danish, ricercato in tutta Europa. «Pensiamo sia ancora nel continente, c'è molta collaborazione da parte delle autorità europee: in Svizzera, Francia e Spagna sanno chi devono cercare», ha spiegato il procuratore capo di Reggio Emilia, Isabella Chiesi. L'uomo è considerato «personaggio chiave» nell'inchiesta aperta per omicidio premeditato e occultamento di cadavere.
Ormai non c'è alcuna speranza di trovare Saman viva e gli inquirenti sono certi che sia stata uccisa per essersi opposta al matrimonio combinato. Il delitto è stato studiato a tavolino da genitori e zio. I primi il 26 aprile avevano comprato solo due biglietti per tornare in Pakistan, dove sono fuggiti dopo l'omicidio. E ieri la Procura ha mostrato i frame e il video, che risale al 29 aprile, in cui si vedono lo zio 33enne e i due cugini della vittima, Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz vestiti di scuro , con la pala, un sacchetto e un altro attrezzo, che stanno andando a scavare la fossa dove gettare il corpo della giovane.
Quando Saman aveva scelto di lasciare la comunità protetta nel Bolognese, dove si era rifugiata dopo aver sporto denuncia contro i genitori, i servizi sociali l'avevano avvertita del pericolo che correva. Allora perché è tornata a casa? Voleva recuperare i documenti per essere finalmente libera o era tranquilla? «Credo si possa pensare che l'abbiano abbindolata facendole credere che avevano il biglietto per loro stessi e che fosse certa di non dover andare in Pakistan - sostiene il procuratore capo -. Questo, forse, l'ha rassicurata». Invece è finita nelle mani dei suoi carnefici. «Del corpo io gliel'ho chiesto in quanto volevo abbracciarla un'ultima volta, ma zio mi ha risposto di non potermelo dire», si legge nell'ordinanza firmata dal Gip per i cinque indagati, il padre Shabbar, la madre Nazia, lo zio e due cugini, Nomanulhaq e Ikram, fermato a Nimes e in attesa di estradizione. La sera del 30 aprile Saman aveva avuto una violenta lite con i genitori. Loro urlavano, lei li ha insultati. «Dammi i documenti», ha detto al padre. Lui temeva che la figlia volesse sposare qualcuno, lei invece voleva solo andar via. Shabbar allora ha chiamato Danish perché la riportasse a casa. E quando lo zio della ragazza è tornato ha detto «tutto sistemato». «Abbiamo fatto un buon lavoro», ha poi scritto in chat a un amico. Ma la notizia della morte di Saman non ha lasciato il padre indifferente. «Si è sentito male e ha iniziato a piangere, stava quasi per svenire per mia sorella - racconta il figlio -. Anche Danish ha pianto molto ma ha minacciato papà di non dire nulla ai carabinieri o avrebbe fatto del male a me».
Certo è che Saman è morta. «Riscontri positivi su quello che ha detto il padre non ce ne sono. Abbiamo appurato che in Belgio non c'è la ragazza» chiarisce il procuratore Chiesi. L'elettromagnetometro nei prossimi giorni potrebbe portare finalmente ai suoi resti. «Facciamo le cose secondo le regole», aveva scritto la madre della 18enne. Il fidanzato aveva sentito Saman per l'ultima volta la sera del 30 aprile. Aveva paura. «Per loro uccidermi è l'unica soluzione - gli aveva detto - se non mi senti per più di 48 ore chiama le forze dell'ordine». Ma non c'è stato tempo. Quella ragazza ribelle, che spesso il padre costringeva a dormire sul marciapiede, quella adolescente a cui era stato impedito perfino di andare alle scuole superiori, non c'è più.
I genitori in Pakistan ancora non sono stati rintracciati, ma la caccia a zio e cugino per tutta Europa e la consegna imminente alle autorità italiane di quello fermato in Francia potrebbero portare presto a sviluppi e permettere a chi ha voluto bene a Saman di piangere i suoi resti.
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