Sangiuliano: "Io criticato dalla casta"

Il ministro crocefisso sul taglio dei contributi ai film: "Ho toccato un santuario di potere"

Sangiuliano: "Io criticato dalla casta"
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«Sono stato crocifisso sui giornali da una casta molto, molto ricca, solo perché mi sono permesso di dire che ci sono cose sospette che ti fanno riflettere, film che ricevono milioni e milioni di contributi pubblici e vengono visti da pochissime persone», così il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ieri all'evento di Fratelli d'Italia «L'Italia vincente».

Ma proviamo a riassumere gli episodi precedenti di questa nuova serie sul cinema italiano. Nell'ambito della revisione della spesa pubblica, il ministro della Cultura individua possibili risparmi nei finanziamenti al cinema e all'audiovisivo alla voce tax credit, il credito d'imposta per le produzioni passato, durante la pandemia, dal 30 per cento al 40 proprio per aiutare un settore in crisi. Oggi, tornati alla normalità, si è pensato di contenerlo cercando magari di capire dove non funziona visti i risultati risibili al botteghino di film molto sostenuti dallo Stato (ma attenzione, gli incassi, prima della pandemia, costituivano solo il 30 per cento dello sfruttamento di una pellicola).

All'ipotesi di lavoro, che ruotava attorno a 100 milioni di contenimento del tax credit passato ha ricordato ieri il Ministro «dai 400 milioni del 2019 agli oltre 800 milioni», c'è stata una forte risposta del settore con tutte le associazioni di categoria e di alcune personalità come il premio Oscar Paolo Sorrentino. A questo punto la contrapposizione si è fatta politica, un peccato perché tutti gli addetti ai lavori (compresa Lucia Borgonzoni, Sottosegretario del MiC con delega al cinema) concordavano sul fatto che il tax credit andasse comunque rivisto. Così sono trapelati documenti «sensibili» focalizzati sui compensi milionari di alcuni registi (Gabriele Muccino 2,2 milioni per A casa tutti bene che ha avuto un credito di imposta di 2,1 milioni, Paolo Genovese 1,4 per I leoni di Sicilia con 8,7 milioni dallo Stato, Luca Guadagnino e Edoardo Gabbriellini 2,4 milioni per We are who we are, finanziata con 13,2 milioni, Saverio Costanzo 1,4 per L'amica geniale Storia del nuovo cognome con 10,5 milioni) peraltro nel contesto di serie tv ad alto budget che hanno visibilità internazionale e che comportano un lavoro di molti mesi rispetto alle 4 settimane delle riprese di un film.

Il rischio, come sempre, è quello di buttare il bambino con l'acqua sporca. Perché è vero che il mercato dell'audiovisivo, incentivato come mai prima d'ora dallo Stato con la cosiddetta legge Franceschini del 2016, è florido ma sta producendo delle storture legate più ai costi dei film che al falso problema del loro numero di poco aumentato (sono stati 147 nel 2022 contro i 120 del 2019 mentre la quota di mercato del cinema italiano si attesta sul dato del 20 per cento, in linea con il periodo 2017-2019).

Nelle ultime settimane, due importanti produttori, Giampaolo Letta di Medusa in apertura del Mercato Internazionale Audiovisivo (Mia) e Matteo Rovere di Groenlandia sulle pagine di Repubblica, hanno infatti lanciato l'allarme sui costi delle pellicole, sia quelli cosiddetti «sopra la linea» «legati ad attori, registi, sceneggiatori che sottolinea Rovere a volte sono fuori controllo», sia quelli operativi «che hanno raggiunto livelli inaccettabili». Forse, con un po' di buon senso, si può ripartire da qui.

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