Sanzioni, l'"avviso" Usa e l'ira di Pechino

Yellen: "Conseguenze per chi le ostacola, la Cina si impegni". La replica: diffamazioni

Sanzioni, l'"avviso" Usa e l'ira di Pechino

La Cina è il vero enigma dello scenario bellico internazionale. La seconda potenza economica mondiale è il convitato di pietra della crisi ucraina e si muove con equilibrismo talvolta agile e talaltra goffo per sostenere di fatto Mosca senza però pagare pegno.

Una strategia che sta irritando sempre di più gli Stati Uniti, che mercoledì per bocca del segretario al Tesoro Usa Janet Yellen aveva minacciato Pechino senza nominarla, riferendosi così ai Paesi che minano le sanzioni e l'isolamento economico di Mosca «forse intravedendo un'opportunità di guadagno preservando la loro relazione con la Russia e riempendo il vuoto lasciato dagli altri. Siamo chiari, la coalizione unita non resterà indifferente alle azioni che minano le sanzioni che abbiamo messo in campo». Yellen sa bene che Mosca e Pechino flirtano da tempo, ma vede in questo un'opportunità di altro genere: «La Cina usi la relazione speciale che ha con la Russia per fermare la guerra in Ucraina».

Pechino si sente chiamata in causa e teme di essere colpita da sanzioni secondarie per non avere condannato esplicitamente l'aggressione russa all'Ucraina. «La nostra posizione sulla crisi in Ucraina è obiettiva ed equa perché anche le legittime preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza dovrebbero essere rispettate, e sarà dimostrato che siamo dalla parte giusta della storia», spiega il portavoce del ministero degli Esteri cinesi, Zhao Lijian, che parla di «distorsione e diffamazione della posizione cinese» e rimarca che «la Cina sta svolgendo un ruolo costruttivo sulla questione ucraina».

La Cina in realtà non sente di avere ostacolato in alcun modo l'efficacia delle sanzioni occidentali e anzi sostiene di aver pagato il suo prezzo alla guerra in Ucraina, parlando di «interscambio commerciale compromesso» con la Russia. La portavoce del ministero del Commercio di Pechino, Shu Jueting sostiene che non siano giuste le pressioni subite dalle aziende cinesi e definisce queste «un aperta violazione alle leggi del commercio internazionale, cui la Cina si opporrà tutelando fermamente i suoi interessi».

Di certo la Cina, se non si oppone platealmente alle sanzioni di Stati Uniti, Regno Unito e Ue, cerca in qualsiasi modo di aggirarle. Ieri Cnooc, uno dei quattro colossi petroliferi statali cinesi, ha annunciato la decisione di liberarsi degli importanti asset accumulati all'estero, in partire in Canada per non correre il rischio di vederli colpiti dalla mannaia delle possibili sanzioni secondarie occidentali.

E anche sul fronte energetico la Cina non collabora: secondo i dati ufficiali pubblicati da Pechino qualche giorno fa, nel mese di marzo il «dragone» ha aumentato del 26 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno scorso le proprie importazioni dalla Russia denominate in dollari.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica