Come a rimarcare la tragica parabola della politica francese, ieri la Corte di Cassazione di Parigi ha respinto il ricorso dell'imputato e confermato in via definitiva la condanna all'ex presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, per corruzione e traffico d'influenze. È la prima volta nella storia di Francia che un ex capo di Stato è ritenuto colpevole per azioni commesse durante il suo mandato. La pena, per l'ex leader dei gollisti francesi, è di tre anni di carcere, di cui uno senza condizionale, con il beneficio del braccialetto elettronico. La condanna comprende anche tre anni di ineleggibilità e la privazione dei diritti civili e arriva in un momento particolarmente teso per le istituzioni francesi, alle prese con l'ennesima crisi di governo e la fresca nomina del centrista François Bayrou come primo ministro di un governo (che deve ancora essere formato) da parte del presidente in carica, Emmanuel Macron, per tentare di uscire dalla palude.
Nel caso che coinvolge Sarkozy - meglio noto come caso Bismuth, dal nome usato dall'ex presidente per i contatti riservati - è emerso che il leader del centrodestra aveva stretto un «patto di corruzione» con Gilbert Azibert, alto magistrato della Corte di Cassazione, nel 2014, insieme al suo storico avvocato Thierry Herzog, perché trasmettesse informazioni e cercasse di influenzare un ricorso presentato dall'ex presidente nell'altra vicenda giudiziaria in cui è coinvolto, l'affaire Bettencourt. In cambio, Sarkozy avrebbe promesso di usare la sua influenza per far ottenere al magistrato una carica onoraria a Monaco.
L'ex presidente ha annunciato che farà ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Rischia di perdere anche la Legion d'Onore, onorificenza soggetta a rigide regole. Pur dicendo che rispetterà la sentenza, Sarkozy affida si suoi profili social un lungo sfogo in cui spiega di voler ribadire la sua «perfetta innocenza» e parla di «profonda ingiustizia», promettendo che «la verità finirà per trionfare». «Sono stato condannato per un cosiddetto patto di corruzione con qualcuno (il giudice Azibert) con il quale non ho parlato, senza alcun compenso, né finanziario né di alcun tipo», scrive. «Come ho sempre fatto in questi 12 lunghi anni di persecuzione giudiziaria, mi assumerò le mie responsabilità e ne affronterò tutte le conseguenze. Non è assolutamente mia intenzione lamentarmi», spiega Sarkozy, «consapevole di essere stato favorito dalla vita in tanti modi». «Ma non sono deciso ad accettare la profonda ingiustizia che mi è stata fatta», aggiunge l'ex presidente, secondo cui il ricorso alla Corte europea avrebbe potuto essere evitato «se avessi beneficiato di una calma analisi giuridica».
Sarkozy potrebbe trovarsi con il braccialetto elettronico già il 6 gennaio, quando dovrà affrontare l'altro processo, quello per i sospetti finanziamento libici alla sua campagna presidenziale del 2007.
Il presidente potrebbe scamparla visto che tra un mese, quando compirà 70 anni, raggiungerà la soglia di età che lo esenta. I passaggi burocratici prevedono infatti che la Corte di Cassazione dovrà trasmetta la sentenza alla Corte d'Appello, che gira a sua volta gli elementi al servizio di esecuzione penale di Parigi.
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