Schengen sotto tiro: vent'anni di fallimenti

Gli attentati di Parigi, l'immigrazione incontrollata e i foreign fighter mostrano un'Europa debole: come intervenire?

Schengen sotto tiro: vent'anni di fallimenti

L’entrata in vigore del Trattato di Schengen compie vent’anni. E, dopo vent'anni, si può anche ammettere il fallimento della "grande rivoluzione" della libera circolazione tra i 22 Paesi dell'Unione europea più Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera. Tanto che, di fronte all’escalation terroristica, c'è chi spinge per rifargli il look.

Dopo le stragi di Parigi alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo e al supermercato kosher di Porte de Vincennes, la Francia guida un drappello di Paesi in pressing per modificare il Trattato di Schengen. L’obiettivo è rendere "obbligatori" i controlli sistematici e coordinati alle frontiere esterne dell’Unione. Perché, come va ripetendo ormai da gennaio il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve, rafforzare le frontiere esterne, significa salvaguardare la grande conquista delle libertà all'interno. Ma sull’altro fronte c’è la resistenza risoluta della Commissione Ue, che i controlli vuole intensificarli, "ma sfruttando tutte le potenzialità esistenti senza aggiungere nuove regole o disposizioni", come ribadisce ad ogni occasione possibile il presidente Jean Claude Juncker. Il timore di fondo è che rimettere mano al regolamento possa produrre "effetti indesiderati", con conseguenze imprevedibili.

Dopo un paio di consigli dei ministri degli Interni la questione è approdata, lo scorso febbraio, al vertice dei leader dei 28, dove la possibilità di "una modifica mirata", contenuta nelle prime bozze di conclusioni, è stata disinnescata e rimandata. Da gennaio ad oggi, si stanno comunque manovrando tutte le leve previste dall’attuale regolamento Schengen per serrare le maglie delle frontiere esterne. Tra gli strumenti a disposizione anche il Sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II, con cui si è archiviata la precedente versione del 1995), operativo dall’aprile 2013. Il sistema permette alle autorità nazionali doganali, di polizia e di controllo delle frontiere di scambiarsi informazioni sulle persone che potrebbero essere coinvolte in reati gravi. E contiene segnalazioni sulle persone scomparse (soprattutto minori) oltre a indicazioni su beni e documenti d’identità rubati, sottratti o smarriti. Inoltre, con la revisione del regolamento Schengen del 2013, si autorizza il ripristino dei controlli alle frontiere interne in presenza di "minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna" per 30 giorni.

E nel caso si registrino carenze gravi nella capacità di uno o più Stati di gestire i controlli alle frontiere esterne, la Commissione può anche prevedere il ripristino dei controlli delle frontiere nazionali, per un massimo di due anni.

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