Lo schiaffo di Conte al Pd: "Nessuna alleanza concreta". Cottarelli lascia i democratici

Giuseppe Conte non lascia al Pd "la leadership del campo progressista" ma raddoppia e mette in chiaro che "non c'è una concreta prospettiva per un'alleanza strutturale"

Lo schiaffo di Conte al Pd: "Nessuna alleanza concreta". Cottarelli lascia i democratici

Giuseppe Conte non lascia al Pd «la leadership del campo progressista» ma raddoppia e mette in chiaro che «non c'è una concreta prospettiva per un'alleanza strutturale». Un Pd pressato dai Cinque Stelle, ma sempre più affine al grillismo. E infatti Elly Schlein perde un'altra pedina «moderata» al Senato. Si tratta di Carlo Cottarelli, economista candidato alle politiche da Enrico Letta in quota riformista, già con la valigia in mano, pronto a dimettersi da senatore oltre che a dare l'addio a un Pd più progressista e grillizzato.

All'indomani del tandem di piazza tra i sindacati ed Elly Schlein, le parole di Conte, consegnate a Lucia Annunziata a Mezz'ora in più, hanno il sapore di una porta sbattuta in faccia ai dem. Mentre Schlein continua a perdere pezzi tra i moderati, Conte rivendica la sua autonomia e tenta di superarla a sinistra. «Su alcuni temi come il salario minimo, il Pd sta raggiungendo posizioni che noi avevamo già da tempo, anzi sono nostri cavalli di battaglia spiega l'avvocato su altre posizioni non abbiamo registrato un effettivo cambiamento come sul conflitto russo-ucraino e anche per quanto riguarda le tecnologie eco-sostenibili, parlo di inceneritori che per noi sono banditi». Conte vuole pungere nella carne viva delle contraddizioni di Schlein, ma svela anche la verità di un Pd che segue i Cinque Stelle, soprattutto sui temi sociali. Dal lato opposto lo conferma Cottarelli, annunciando il suo addio al Pd. «È innegabile (basta vedere la composizione della nuova segreteria) che l'elezione di Elly Schlein abbia spostato il Pd più lontano dalle idee liberaldemocratiche in cui credo», spiega Cottarelli. «Mi trovo a disagio su certi temi», continua l'economista in una lettera a Repubblica, pubblicata online nel pomeriggio e seguita da un'ospitata a Che tempo che fa, in cui dà conto delle sue dimissioni dai dem e dal Senato. L'ormai ex senatore parla di «posizioni diverse da Elly Schlein» su diversi temi. Dal Superbonus all'utero in affitto, dai termovalorizzatori al nucleare.

Una morsa a tenaglia che rischia di stritolare Schlein. Non abbastanza progressista per Conte, non sufficientemente riformista per chi ha scelto di abbandonare la nave, come i transfughi Andrea Marcucci, Enrico Borghi e, da ultimo, Cottarelli. Conte stoppa qualsiasi tentativo di coalizione organica con il Pd e delinea «una convergenza su obiettivi condivisi». Nessun «compromesso al ribasso». Poi punge sul dialogo con il centrodestra sulle nomine. «Non è inciucio e perché quando lo fa il Pd non si dice nulla?», attacca l'ex premier a proposito dell'asse tra Meloni e Conte su alcune poltrone, come la Vigilanza Rai e le magistrature speciali.

Cottarelli, invece, ha optato per l'insegnamento. E ha accettato un incarico da parte dell'Università Cattolica di Milano «per l'educazione delle scienze sociali ed economiche rivolto agli studenti delle scuole superiori». Lo studioso aveva parlato dei suoi tormenti con l'ex segretario Letta, che lo aveva candidato. «Mi aveva consigliato di vedere qualcosa all'estero. Questa cosa è arrivata al momento giusto», racconta Cottarelli a Fabio Fazio. «Ne ho parlato martedì scorso con la segretaria Elly Schlein», dice ancora a Che Tempo che fa.

Matteo Salvini, leader della Lega e ministro delle Infrastrutture, twitta subito: «Avanti un altro».

Lo stesso Cottarelli ha ammesso di avere ricevuto «offerte da altri gruppi», facendo riferimento al Terzo Polo. Invece ha lasciato il seggio e al suo posto andrà Cristina Tajani, prima dei non eletti e vicina a Schlein. Ma la segretaria deve fronteggiare il malumore dei moderati e il pressing di Conte.

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