L'ultimo affare fortunato sono stati gli oltre 500 milioni avuti dalla Fininvest per il Lodo Mondadori. Da allora Carlo De Benedetti si è avviato su un dorato ma inesorabile viale del tramonto, un piano inclinato morbido, lento, malinconico. Perché il tocco dell'Ingegnere non è più magico, le avventure imprenditoriali conoscono più bassi che alti, l'immagine di editore illuminato è offuscata e neppure la tessera numero 1 del Partito democratico gli garantisce più quello status di intoccabilità che l'ha immunizzato a lungo.
Il rinvio a giudizio per i morti d'amianto all'Olivetti è forse la batosta più grave, che giunge assieme allo schiaffo contro l'Espresso per l'intercettazione fantasma di Crocetta. Negli ultimi vent'anni i giornali dell'Ingegnere sono stati i difensori più accaniti della magistratura contro Silvio Berlusconi, e se oggi le toghe osano gettare ombre anche su di lui significa che è finito un mondo.
Un'avvisaglia era giunta qualche mese fa, in luglio: il tribunale di Milano ha respinto la richiesta di un risarcimento da 92 milioni per danni non patrimoniali derivanti dal Lodo Mondadori. De Benedetti ha avuto soltanto 246mila euro. «Credeva fossimo un bancomat», ha commentato tagliente Marina Berlusconi.
Le cose non sono andate meglio lo scorso settembre, quando Marco Tronchetti Provera è stato assolto dall'accusa di aver diffamato De Benedetti. Il quale, secondo il presidente della Pirelli, «è stato molto discusso per certi bilanci Olivetti e per lo scandalo legato alla vicenda di apparecchiature alle Poste italiane» e «fu allontanato dalla Fiat, coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano e finì dentro per le vicende di Tangentopoli».
È un viale del tramonto lussuoso, comodo, dotato di ogni comfort, ma comunque la direzione è quella che porta all'uscita di scena. De Benedetti si è ritirato dalle cariche nella Cir, la finanziaria di famiglia, conservando la presidenza onoraria. E Cir è uscita da Sorgenia, holding dell'energia comproprietaria della contestatissima centrale a carbone di Vado Ligure, e se n'è liberata grazie a un pool di banche salvatrici.
Ma De Benedetti ha lasciato anche l'Italia, togliendo la residenza dalle amate Langhe di Dogliani e riportandola in Svizzera, nella tenuta di montagna a Saint Moritz. «Una scelta di cuore, non economica», ha confessato l'Ingegnere a Dagospia : nella Confederazione egli aveva trovato rifugio in tempo di guerra e negli Anni di piombo.
Il regime fiscale non c'entra, sia ben chiaro: è tutta una questione di romantici affetti. Trovano conferma altre dichiarazioni non diffamatorie di Tronchetti Provera: «È evidente che non parliamo la stessa lingua, come è normale possa succedere tra un cittadino italiano e uno svizzero». Abbandonando l'Italia e le sue pastoie fiscali e burocratiche, De Benedetti ha pure lasciato la guida (ma non l'azionariato) della holding Romed, la sua cassaforte italiana, e della finanziaria Per. E avanti con gli addii.
Pochi giorni fa, per festeggiare i 60 anni dell' Espresso , De Benedetti ha radunato molta bella gente al Vittoriano. Ma Eugenio Scalfari, sempre più critico con Matteo Renzi sostenuto invece con forza dall'Ingegnere, non ha voluto prendere la parola. Jacaranda Falck Caracciolo, seconda azionista del gruppo editoriale, non s'è vista, così pure l'ex direttore del settimanale Giulio Anselmi.
Ora a Carlo De Benedetti si può anche dire di no. E per quella serata l'irriverente Dagospia si è preso la libertà di sbeffeggiare la «straripante pancia» di quell'«arzillo ottantenne». Il sigillo del gossip sull'autunno dell'Ingegnere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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