Scuola, tutti in ordine sparso. Semestre già finito (nel caos)

Sei Regioni rinviano la riapertura a febbraio. Miozzo (Cts): "Triste ignorare la salute mentale dei ragazzi"

Scuola, tutti in ordine sparso. Semestre già finito (nel caos)

Scuola bye bye. Le lezioni in presenza non decollano, se non in Toscana, Abruzzo e Valle d'Aosta. La maggior parte delle Regioni spostano sempre più lontano la ripartenza, in attesa che si stabilizzi la curva epidemiologica. Sei addirittura hanno già fissato a febbraio il rientro. Il che vuol dire che gli scrutini si faranno a distanza, con i voti che ci sono, frutto delle interrogazioni on line, che non sono proprio la stessa cosa, e di quelle poche verifiche scritte che i professori sono riusciti a fare, per chi ha scelto di farle, visto che in tanti preferiscono aspettare il ritorno in classe.

E già, ma quando? Perché poi, con l'arrivo dei nuovi parametri per la classificazioni delle fasce di rischio dei territori e con i contagi che non scendono, sono tante le regioni che rischiano di finire in zona rossa. Dove la scuola chiude di default. È un po' il ragionamento che ha guidato il governatore della Lombardia Attilio Fontana nel decidere di non far ripartire le lezioni il 18 gennaio, come deciso dal governo, ma di aspettare il 25: «Se la prossima settimana ci fosse un ulteriore peggioramento e dovessimo entrare in zona rossa, il discorso delle scuola sarebbe superato e quindi avremmo aperto per una settimana, dovendo poi chiudere la settimana dopo», spiega.

Mai come in questi giorni il tema della scuola tiene banco in politica. La ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina, i ragazzi li vuole in classe («Hanno diritto di tornare a scuola, né la politica né la pandemia possono impedire agli studenti di avere sottratto il proprio futuro»). E accusa il Pd di averla presa in giro, in particolare il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, anche lui tra quelli che hanno preferito aspettare a far ripartire le lezioni, che avrebbe convinto a rinviare anche il presidente dell'Emilia, Stefano Bonaccini, in un primo momento favorevole al ritorno in presenza dopo l'Epifania. Schierato con la Azzolina, il viceministro dello Sviluppo economico, Stefano Buffagni, che il suo pensiero lo affida a Facebook: «Basta fare confusione da parte delle Regioni: incomprensibile poter andare a svernare sulle piste da sci e nei centri commerciali ma non andare a scuola!». Anche i parlamentari del Movimento Cinque Stelle chiedono ai governatori di smetterla con i rinvii. Mariastella Gelmini, Forza Italia, se la prende invece con il premier Conte e con la Azzolina, che avevano garantito un ritorno in classe il 7 gennaio: «L'esecutivo ha messo la scuola in coda alle sue priorità».

La scuola, così come verificato dal sistema di monitoraggio dell'Iss, non è luogo di contagio: i focolai in ambito scolastico rappresentano il 2 per cento del totale. Il problema è quello che accade fuori dagli istituti, in particolare nei mezzi pubblici. Da qui la prudenza di gran parte dei governatori. Anche il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo, vorrebbe accelerare sulla scuola e spinge affinché venga «considerata prioritaria la salute psicofisica dei ragazzi». «Bisogna fare delle cose con intelligenza. Comprendendo che siamo nel pieno di una pandemia, ci sono dei rischi cosiddetti accettabili: a scuola si può andare se le condizioni sono compatibili. La scuola non è esente da rischi, ma ci si può convivere. Dobbiamo valutare area per area se le condizioni esterne alla scuola sono state soddisfatte. Se non si entra nella logica del rischio accettabile, le classi resteranno chiuse con la dad fino a settembre-ottobre, quando l'immunità di gregge sarà raggiunta», spiega il tecnico su Sky TG24.

Il presidente dell'Associazione nazionale presidi del Lazio, Mario Rusconi, non si capacita del rinvio deciso da Zingaretti, si sente «preso in giro dalle istituzioni»: «La notizia ha spiazzato non solo noi della scuola, che ogni volta ci ritroviamo a fare i conti con una nuova organizzazione, ma soprattutto le famiglie e

gli studenti». Anche i ragazzi si sono stancati di rimanere in balia degli eventi e ieri un gruppetto di loro ha manifestato a Roma, davanti al Miur. «Dove sono i fatti? Scuole e trasporti sicuri», recitava uno striscione.

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