Se anche il riarmo diventa patriarcato

Per decenni, dal crollo dell'Unione Sovietica, i Paesi europei hanno creduto che non fosse più necessario armarsi, che le guerre non ci sarebbero più state

Se anche il riarmo diventa patriarcato
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«Armi, acciaio e malattie». Sono questi i tre elementi che - secondo Jared Diamond, antropologo e premio Pulitzer - hanno guidato gli ultimi tredicimila anni di storia umana. È come se questi tre fattori fossero parte di noi e dell'habitat in cui viviamo. Qualcosa che, ci piaccia o meno, fa parte della nostra natura. Da quando l'uomo ha messo piede sulla terra, infatti, combatte, si ammala e cerca di progredire tecnologicamente. Lo ha fatto per tredicimila anni e continua a farlo anche ora. Immaginare qualcosa di diverso è quindi utopico.

Per decenni, dal crollo dell'Unione Sovietica, i Paesi europei hanno creduto che non fosse più necessario armarsi, che le guerre non ci sarebbero più state e che, al massimo, si sarebbero combattute, scusate il gioco di parole, «missioni di pace». Dopo l'arrivo del Covid (la malattia), la Russia ha riportato la guerra e l'acciaio in Occidente, facendo così tornare Bruxelles alla realtà: non si può vivere come se i conflitti non esistano più. Ci sono e, anzi, sono più pericolosi che mai. Ma non per tutti. In un articolo pubblicato ieri su Il Manifesto si afferma per esempio che dietro al riarmo, più che una minaccia concreta, ci sarebbero delle «radici patriarcali», ovvero «il virilismo di chi vede nella guerra, e nel saperla fare (e vincere, a qualsiasi costo) il complemento e il completamento ineludibile di un'umanità che non tradisca la sua storia di guerre, stragi, efferatezze e sofferenze inflitte dagli uomini ad altri esseri umani». Ma non solo. Secondo l'analisi de Il Manifesto, l'Occidente «sta riproducendo al suo interno i modelli del dispotismo orientale e del maschilismo islamico: il cittadino impregnato di virilismo guerriero - e per forza di cose, patriarcale - che si cerca di promuovere assomiglia sempre più a quel prototipo maschilista oggi impersonato da Putin non meno che da Trump, ma che ha un riscontro preciso nei capi carismatici del Jihad islamico o della teocrazia iraniana». Non solo patriarchi maschilisti, quindi, ma pure aspiranti jihadisti. O quasi.

Eppure, a guardarsi attorno questa allarmante virilità non si nota. Anzi: se ne percepisce l'assenza. Si vedono sempre più ragazzi vuoti, che non sanno per cosa vivere e soprattutto morire. Ed è forse questa la differenza, ammesso che si possa usare ancora questo termine in un'epoca di politicamente corretto, tra le donne e gli uomini: le prime insegnano a vivere, i secondi a morire. Per qualcosa di grande e di bello, come la libertà.

E lo fanno, almeno una parte di essi (si pensi a chi durante la Seconda guerra mondiale è caduto a migliaia di chilometri da casa per salvare popoli sconosciuti), da tredicimila anni. Anche se qualcuno si ostina a chiamare questa disponibilità al sacrificio «patriarcato».

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