Un matricidio mancato. Perché c'è stato un momento nel quale la filosofia ha rischiato di schiantarsi e concludere ancora giovane quella corsa millenaria che ne avrebbe invece fatto la spina dorsale (e pensante) dell'umanità. Responsabili dell'atroce delitto tra il III e il IV secolo avanti Cristo, avrebbero potuto essere alcuni seguaci dei sofisti che già erano malvisti perché furono i primi a non speculare per amore (phileîn), ma per essere ricompensati con vile denaro. Gli eristi fecero di peggio e sostennero che la verità non esiste, potendosi così sostenere qualsiasi tesi, così come il suo contrario. Allontanando così dalla filosofia parecchi ben-pensanti.
E così proprio agli eristi è venuto da pensare, leggendo i giornali di ieri, vedendo le arene in tivù e ascoltando tanti politici della sinistra che hanno commentato la sentenza Salvini sul sequestro Open arms. Perché quella semplice verità, splendente come il sole di queste giornate di solstizio è stata capovolta, masticata e riconsegnata già bella ruminata al loro docile popolo. L'unico, in odio a Salvini, a poter dar retta ai guru del progressismo casereccio e pecoreccio, così pronti a trasformare un'assoluzione con formula pienissima perché «il fatto non sussiste» in una sconfitta. E quindi del governo di centrodestra e ovviamente pure della premier Giorgia Meloni. Sembra impossibile, eppure gli impossibili equilibrismi dei soliti maestrini dalle penne rosse hanno percorso senza vergogna la corda tesa a sentenza ancora calda dal salotto tivù di Lilli Gruber, pronta a sostenere che le riforme della giustizia sono lo strumento del governo Meloni per punire i magistrati, fino al misFatto di Marco Travaglio che titola «Salvini assolto (e deluso)».
Perché proprio questo è il sofisma su cui si sono esercitati i nuovi eristi. «Se Salvini sperava nell'aureola del martire arrestato (per finta, siamo in Italia) per aver difeso i sacri confini patrii da qualche decina di derelitti, i giudici gliel'hanno negata». Difficile entrare nella testa di Salvini, meno complicato provare con quella comunque raffinata di Travaglio, ma sinceramente per quanto si riconosca al leader del Carroccio una certa disponibilità a immolarsi per la causa padana, sembra difficile immaginarlo esultante per una condanna a sei anni di carcere. Non fosse altro, come ha confessato a persone a lui vicine, per la difficoltà di raccontare ai due figli di un padre pregiudicato per un reato così grave. Affetti e sentimenti di fronte ai quali anche la politica e il giornalismo più spregiudicato forse dovrebbero fermarsi. Cosa che non ha ovviamente fatto nemmeno Repubblica dove si intervista e si fa dire al presidente di Emergency che «Ha vinto la cattiveria altro che il buon senso. Le Ong non si fermano». E nell'editoriale di Massimo Giannini si accusa Salvini di confondere «il diritto con la politica»: un rimprovero che ai più (giudici compresi) a sentenza pronunciata sembra attagliarsi molto di più ai magistrati che l'hanno inutilmente accusato di un reato inesistente. E di questo nessuno a loro chiederà conto. Con Marcello Sorgi che sulla Stampa sostiene che proprio questa assoluzione segna «Il capolinea del Capitano. La Lega guarda al dopo».
Tutti professori con il carcere degli altri.
Sofisti ed eristi non riuscirono a far scappare la gente dalla filosofia, ma quelli di oggi sono i veri buttafuori di una democrazia nella quale i giornali non si vendono più, i partiti vanno deperendo e le urne si svuotano.
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