Gli opposti, si sa, talvolta si attraggono, anche in politica. Tanto più se per entrambi l'unione porta vantaggi. Che spesso pesano, sul piatto della bilancia, più della coerenza. Non mancano esempi anche solo guardando alla caccia ai responsabili scatenata dal governo Conte. Prendiamo la senatrice Paola Binetti. Undici anni fa se ne andò sbattendo la porta dal Pd perché il suo ex partito «si è avviato verso il fallimento e ormai non è più la formazione politica alla quale ho aderito», ringhiò in un'intervista alla Stampa. Tutto perché i dem avevano deciso di candidare Emma Bonino alla presidente della Regione Lazio. Troppo per lei, ultrà cattolica, che smise l'abito da teo-dem e, per coerenza, traslocò nell'Udc. Solo che ora proprio la Binetti è corteggiata da Conte, che potrebbe offrirle in cambio dello sbarco nella maggioranza, il ministero della Famiglia orfano della renziana Bonetti, anche se lei nega contatti e proposte.
Ma può una politica che ha lasciato il suo precedente partito non ritenendolo capace di «affermare certi valori e principi» tornarci alleata, e per di più in un governo che ha appena ripristinato le diciture «genitore 1» e «genitore 2» sulle carte d'identità per i minori? Proprio la Binetti, nel 2018, difese le ragioni del binomio «padre/madre» sul Corriere della Sera, aggiungendo che «personalmente» non trovava «ragione di modificare neanche il tradizionale sistema che cita prima il padre e poi la madre». Alleati sì, dunque, ma in nome di che cosa?
Un po' come Lello Ciampolillo, il senatore che ha votato la fiducia al governo Conte e poi, a stretto giro di posta, ha fatto sapere che non avrebbe disdegnato la poltrona del dicastero dell'Agricoltura. Fatto fuori dai pentastellati un anno fa per la storia dei mancati rimborsi, Ciampolillo da allora si è fatto notare per le sue posizioni critiche sulle misure di contenimento del Covid adottate dal governo, lockdown e vaccini. Insomma, Ciampolillo no mask, no vax, ma assolutamente yes minister. Con tanti saluti alla coerenza, appunto.
Ne sa qualcosa anche Sandra Lonardo, altro voto incassato per la fiducia da Giuseppi, che si ritrova ad appoggiare un governo giustizialista, proprio lei che ha vissuto dieci anni di gogna giudiziaria per la sanitopoli campana prima
dell'assoluzione, nel 2017. Ma almeno Lady Mastella un sussulto di coscienza sembra averlo se, come ha anticipato suo marito, dovesse astenersi al prossimo voto in senato sulla relazione del Guardasigilli Alfonso Bonafede.
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