Se Xi "copia" l'emulo Di Maio "Abbiamo abolito la povertà"

È miserabile chi vive con meno dell'equivalente di un euro e mezzo al giorno. Il regime grida al miracolo

Se Xi "copia" l'emulo Di Maio "Abbiamo abolito la povertà"

Dimenticatevi le bugie sul Covid disseminate da chi osava parlare di disinformazione o, peggio, di censura. E cancellatevi dalla mente tutte le frottole sui campi di lavoro, sulle deportazioni dei musulmani Uighuri o sulle migliaia di esecuzioni annuali con annessa rimozione degli organi del condannato. Per non parlare delle invenzioni sul mancato rispetto dei diritti umani e della cancellazione dello stato di diritto a Hong Kong. Sono solo balle messe in giro da noi Occidentali per confondere l'Umanità e farle dimenticare che solo il Comunismo la salverà da fame e miseria. Per capirlo bastano i successi cinesi. Lì come spiegava ieri l'Illuminato presidente Xi Jinping son bastati cento anni di falce, martello per cancellare la povertà. «La leadership del partito e il sistema socialista Cinese sono le garanzie fondamentali contro qualsiasi rischio, sfida o difficoltà» ha spiegato ieri il nuovo «grande timoniere» mentre celebrava il secolo di vita del Partito e distribuiva medaglie agli eroi della lotta alla povertà. Una lotta che negli otto anni del regno di Xi Jinping ha strappato alla miseria 100 milioni di cinesi garantendo loro un radioso futuro. «Nessun altro Paese è mai stato in grado di sollevare centinaia di milioni di persone dalla povertà in così poco tempo - ha raccontato Xi parlando di - un miracolo umano che passerà alla storia». Insomma ha abolito la povertà come aveva promesso Di Maio in Italia.

Per il benevolo, quanto ottimista, presidente cinese la via d'uscita dalla povertà è appena oltre la soglia dei 4000 yuan all'anno, ovvero poco oltre i 506 euro. Quella soglia ha, in effetti del miracoloso. Anche perché con quel metro di paragone chiunque riesca a mettersi in tasca un euro e mezzo al giorno dovrebbe considerarsi non più povero, ma quasi benestante. Peccato che solo l'affitto di una stanza, non in una metropoli come Pechino o Shangai, ma in una media città di provincia richieda almeno 150 euro al mese. Chiunque superi la famigerata soglia di povertà cancellata da Xi può, insomma, accomodarsi sotto un ponte. Senza illudersi però di dormire con la pancia piena. Un acqua minerale e un pranzo frugale in un ristorantino a basso costo richiedono infatti almeno 2 euro e mezzo. Un euro in più di quanto richiesto per superare la soglia della povertà.

Ma a metter in crisi l'ottimismo dell'Illuminato Presidente concorrono anche altre facezie. Il presidente, citato 139 volte nel commento che il Quotidiano del Popolo, l'organo di partito, dedica allo storico «balzo in avanti» sorvola, infatti, su molti altri dati indispensabili per misurare il benessere d'una popolazione. Primo fra tutti l'accesso all'educazione. Nonostante «miracoli» e «balzi in avanti» la forza lavoro cinese resta tutt'oggi una delle meno scolarizzate del pianeta. Solo tre lavoratori su dieci hanno infatti un livello di studi paragonabile alla nostra scuola superiore. E oltre ad esser condannati al lavoro manuale sono spesso ridotti al ruolo di fantasmi.

L'unica speranza per fuggire dall'isolamento delle campagne restail trasferimento nelle grandi città.

Ma per quanto il regime abbia riformato il sistema di registrazione anagrafica che impediva i trasferimenti dalle zone rurali, in molti grandi centri una buona parte della classe più povera è costituita da lavoratori di campagna. E per loro l'accesso alle garanzie dello stato sociale resta un miraggio. In barba ai miracoli e ai «salti in avanti» del comunista Xi.

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