C'è chi può, anche se non potrebbe... Così in 45, senza nessun problema e veto alcuno, raggiungono Lampedusa, dove sono stati accolti come da nostra usanza e chi s'è visto s'è visto. Sono stati scortati in porto da motovedette della Guardia di finanza e della Guardia costiera, in barba alla nave Sea Watch 3 che, col suo carico umano di 43 immigrati raccolti giorni fa in mare, attende davanti a Lampedusa l'autorizzazione allo sbarco che non arriverà.
Conviene proprio tornare al vecchio metodo degli sbarchi autonomi, che tante volte si trasformano in sbarchi fantasma quando la meta è la terraferma che consente agli immigrati di sparire sul territorio eludendo i controlli sanitari e l'identificazione. Con buona pace degli italiani. In realtà, questo metodo di sbarchi, che, come hanno messo in evidenza diverse indagini delle nostre forze dell'ordine, consente di mettere piede in Italia a chi non vuole passare per le maglie dei controlli, non è mai stato abbandonato. Il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, ha denunciato tante volte il paradosso tra la chiusura dei porti e i continui sbarchi di piccole imbarcazioni, tanto che l'hotspot dell'isola non ha mai chiuso battenti, malgrado i lavori di restauro in corso. E adesso accoglie, tra i nuovi ospiti giunti ieri, che sarebbero provenienti da Kenya, Somalia, Costa d'Avorio e Senegal, anche due bambini e una donna incinta.
Dovrebbe essere diverso, almeno nella teoria e finora anche nei fatti, l'epilogo per i passeggeri della nave della Ong tedesca Sea Watch, che non sembra arrendersi alla sconfitta dopo che il Tar ha respinto il ricorso contro il divieto di ingresso, transito e sosta nelle acque territoriali italiane firmato dal Viminale, in base al nuovo decreto Sicurezza bis, e sottoscritto anche dai ministri dei Trasporti e della Difesa. Sea Watch e Mediterranea Saving Humans commentano così: «Il Tar del Lazio non ha rigettato nel merito il ricorso presentato. Non si è pronunciato sulla legittimità del provvedimento, il primo a discendere direttamente dal decreto Sicurezza bis, che ad oggi impedisce alla nave di fare ingresso in acque territoriali italiane. Il tribunale amministrativo si è infatti limitato a respingere la richiesta di sospendere temporaneamente gli effetti del provvedimento in questione».
Le due Ong si appigliano al diritto internazionale del mare, che impone l'obbligo di sbarcare le persone soccorse nel porto sicuro più vicino e più rapidamente possibile, ma se lo ricordano solo adesso, perché, anche quando abbiano ritenuto un porto non sicuro quello messo a disposizione dalla Libia, hanno comunque snobbato del tutto la Tunisia, che era più vicina
alla loro posizione, e sono pure passati liscio da Malta, puntando dritto verso l'Italia. Ma stavolta, nell'ennesimo braccio di ferro col governo italiano, pare che la Ong abbia perso. In una «guerra» bisogna prenderne atto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.