La sentenza della sinistra: gli alpini sono molestatori

Polemica dopo le segnalazioni delle presunte violenze a Rimini. Nel Pd c'è chi le paragona agli stupri in Ucraina

La sentenza della sinistra: gli alpini sono molestatori

Processo già fatto. Con tanto di condanna. In appena 24 ore la sinistra ha messo al muro gli alpini. A capeggiare il plotone di esecuzione, il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Parole dure, le sue: «I comportamenti raccontati da alcune donne sono gravissimi. Episodi che certamente andranno accertati dagli organi competenti, ma che non possono e non devono essere sottovalutati. Episodi che sarebbero all'opposto dei valori degli alpini». Monta politicamente il caso delle penne nere sotto accusa all'indomani delle decine di segnalazioni (che l'associazione femminista «Non una di meno» ha trasformato in vere e proprie denunce) per presunte molestie contro donne durante i giorni dell'adunata nazionale a Rimini, conclusasi l'altroieri. «È sbagliato fare generalizzazioni - ha sottolineato il ministro Guerini -, ma non ci deve essere nessuna tolleranza: le molestie e le violenze non devono mai trovare alcuna giustificazione e vanno condannate senza esitazioni».

D'accordo anche l'Associazione nazionale Alpini (Ana) pronta a «punire chi, eventualmente, ha sbagliato»; una mezza ammissione rispetto alle «mele marce che hanno infangato la nostra reputazione» e la promessa che «in futuro si farà più attenzione nell'isolare chi non è degno di indossare il cappello con la penna nera senza essere un autentico alpino». E mai più spacciare per «goliardia» azioni che invece configurano gravi reati. Sulla stessa linea il leader della Lega, Matteo Salvini: «Giusto condannare episodi di molestie o maleducazione, se sono stati segnalati. Scorretto e indegno invece additare il glorioso corpo degli alpini, da sempre esempio di generosità, sacrificio e rispetto, come simbolo di violenza e volgarità. Se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi, ma giù le mani dalla storia, dal passato e dal futuro degli alpini». Con chi ce l'ha Salvini? Probabilmente con quelle esponenti del Pd (ma anche la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni ha chiesto che «venga fatta piena luce sui fatti di Rimini») che si sono precipitate a «inchiodare le penne nere alle loro responsabilità»: «Le oltre 100 denunce di molestie da parte di donne e ragazze durante il raduno degli alpini a Rimini non vanno derubricate con il solito raptus del maschio», ha sentenziato l'eurodeputata Alessandra Moretti. Zero attenuanti generiche pure nel verdetto emesso dalla deputata Barbara Pollastrini che, addirittura, evoca gli «stupri arma di guerra in Ucraina»: «Ragazze e amiche mie, nel rapporto uomo-donna ancora molto ci resta da fare e lottare per i diritti umani. La nostra libertà è premessa e condizione per ampliare la dignità di ogni persona. Ma ho fiducia perché orgoglio e intelligenza femminile e femminista sono straordinari».

Peccato che - a proposito di «intelligenza femminile e femminista» - proprio mentre il ministro Guerini stigmatizzava i fatti di Rimini, un altro ministro (quello del Lavoro, Andrea Orlando) era costretto a «prendere nettamente le distanze» dalle dichiarazioni dell'imprenditrice Elisabetta Franchi che nei giorni scorsi ha candidamente ammesso di «aver preferito assumere uomini» e, nel caso di donne, di aver puntato «sulle over 40 perché possono lavorare h24, avendo ormai compiuto tutti i principali giri di boa esistenziali (matrimonio, figli, separazioni)».

Insomma, se è vero che i «rapporti uomo-donna» devono ancora compiere fondamentali passi di civiltà, anche i rapporti donna-donna sarebbero da perfezionare.

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