La Procura di Milano ha sequestrato con un decreto eseguito dalla Squadra mobile il cellulare di Leonardo Apache La Russa. La notizia, anticipata dal Fatto Quotidiano, viene confermata e sarebbe stato lo stesso avvocato di La Russa, Adriano Bazzoni, a consegnare il telefonino con le relative password. E questo nonostante la sua sim sia intestata a una società dello studio legale La Russa. Inizialmente si era detto che, essendo una pertinenza del senatore, per il sequestro sarebbe stato necessario chiedere l'autorizzazione alla giunta della Camera d'appartenenza del parlamentare. Dal cellulare non saranno copiate e acquisite le chat con soggetti tutelati dalle garanzie costituzionali, comprese quelle col padre o con altri parlamentari. A tarda sera la copia forense non è stata ancora effettuata.
Intanto contro la famiglia La Russa c'è stata una vera e propria caccia all'uomo. Manifestazioni, volantini attaccati in città, indignazione a piene mani e richieste di dimissioni. Tutto è cominciato nella notte tra giovedì e venerdì, quando le attiviste di «Non una di meno» hanno affisso a Milano dei volantini vicino ai locali notturni di corso Como e anche allo studio legale di Porta Vittoria della famiglia del presidente del Senato.
Identici manifesti sono stati incollati anche nei pressi dell'Apophis club, la discoteca nella quale la ragazza incontrò Leonardo Apache. Il messaggio del movimento femminista è eloquente: «El violador eres tu». Tradotto: «Gli stupratori siete voi». L'obiettivo è surreale: «Vogliamo cacciare La Russa da ogni incarico pubblico, vogliamo chiusi i locali della famiglia e lo studio legale su cui si fonda il loro potere economico e politico, vogliamo requisiti i loro soldi». Una vera e propria caccia all'uomo, che è poi ulteriormente proseguita nel tardo pomeriggio con un flash mob in piazza XXV Aprile. Lo staff del senatore e avvocato Ignazio La Russa ha replicato a questi ripetuti attacchi. «Non risulta più tollerabile la condotta di chi si sostituisce ai pm con pretese di indagine e richieste istruttorie. Travalica ogni rispetto l'operato di associazioni di sinistra che affiggono manifesti e preannunciano flash mob politici e diffamatori». Si fa notare come più volte siano state pubblicate «le foto di un altro figlio del Presidente, col nome del fratello, nonché ricostruzioni artefatte a fini suggestivi della vita giovanile dei fratelli La Russa e dello stesso Leonardo». Insomma: da un punto di vista mediatico, risulta «ormai passato il segno». Con la nomina dell'avvocato Adriano Bazzoni da parte del figlio Leonardo, La Russa «si è astenuto e si asterrà da qualsiasi commento diretto o indiretto sulla vicenda». In ogni caso, a causa di quanto è avvenuto fino ad adesso, la famiglia «si è vista costretta ad incaricare l'avvocato Vinicio Nardo del Foro di Milano per tutelare, nelle competenti sedi giudiziarie, l'onorabilità del presidente e degli altri componenti della famiglia».
Nel frattempo proseguono le audizioni. Secondo quanto è trapelato, la conoscente della presunta vittima che ha denunciato Leonardo La Russa non avrebbe visto la donna in condizioni di particolare alterazione. Non avrebbe notato nulla che facesse pensare che la ragazza fosse stata drogata la sera dello scorso 18 maggio all'Apophis.
Tra le persone che hanno riferito agli inquirenti particolari su quella serata c'è anche la madre della presunta vittima: fu proprio lei - una volta sentito il racconto della figlia - ad accompagnarla alla clinica Mangiagalli dove venne visitata il pomeriggio successivo. Il referto parlava di un'ecchimosi al collo e un graffio sulla coscia sinistra.
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