Londra Servizi di sicurezza britannici nella bufera dopo l'attacco terroristico a Manchester. L'attentatore poteva essere fermato? È quello che intendono scoprire le autorità dell'MI5 che proprio ieri hanno deciso di aprire ben due inchieste sull'argomento dopo che i media nazionali hanno rivelato che Salman Abedi era un soggetto già noto ai servizi. Si stanno quindi preparando un'inchiesta sulla strage e anche un rapporto più dettagliato da consegnare poi al governo e sono molti gli interrogativi che attendono una risposta convincente. Perché, ad esempio, Abedi fosse nella lista dei 20mila potenziali jihadisti che non venivano più controllati nonostante si sapesse che si era recato più volte in Libia.
Il programma Newsnight della Bbc ha rivelato che a 16 anni il ragazzo si era recato in Libia per combattere il colonnello Gheddafi insieme con il padre durante le vacanze scolastiche. E fu proprio allora che due persone del Manchester College lo segnalarono, con due chiamate separate, alla linea antiterrorismo della polizia. Gli agenti di Manchester poi avevano fatto un appello al pubblico per avere informazioni sui movimenti di Abedi fin dal 18 maggio scorso, quando l'uomo aveva fatto ritorno dalla Libia. Il ministro dell'Interno Amber Rudd non ha voluto dire quanto i servizi sapessero di Abedi ma ha insistito che era giusto rivedere le procedure perché «la minaccia è in continua evoluzione». Sempre il ministro ha dovuto ammettere, non senza reticenza, con il giornalisti del Times di non sapere quante volte l'ordine di espulsione temporanea, una speciale ordinanza da utilizzare proprio in casi legati al terrorismo, sia stato messo in pratica dal 2015, anno in cui è stata approvato. L'ordinanza consente di proibire il reingresso per la durata di due anni nel Regno Unito a quelle persone che si sono recate all'estero per combattere insieme ai jihadisti. I loro documenti possono venir sospesi e sequestrati e il rientro può venir concesso soltanto se i soggetti si sottopongono a corsi di deradicalizzazione e accettano di presentarsi regolarmente ai controlli di polizia. Soltanto ieri il quotidiano ha scoperto che in tutti questi mesi è stata utilizzata soltanto una volta, sebbene siano circa 350 i soggetti che hanno fatto avanti e indietro da Paesi come la Libia e la Siria. Solamente una persona per ora è stata bandita dal Paese e l'ordinanza è stata presa in considerazione per altre quattro o cinque persone senza che poi se ne facesse nulla.
L'ordine di espulsione temporanea è uno degli strumenti messi in atto dall'amministrazione Cameron per combattere il terrorismo, ma a quanto pare l'utilizzo effettivo è reso particolarmente complicato dalla difficoltà di individuare i jihadisti «di ritorno» prima che questi arrivino alla frontiera britannica. Molto spesso quindi, le autorità hanno preferito usare altri mezzi per fermarli, scegliendo spesso di perseguirli all'estero come è accaduto con la Turchia.
«Il governo Cameron e quello May hanno descritto quest'ordinanza come uno strumento chiave della lotta al terrorismo - ha commentato ieri Yvette Cooper, ex parlamentare laburista e presidente della commissione per gli Affari Interni - se però è stata utilizzata una volta soltanto bisogna chiedersi se questa legislazione è veramente adatta e se il ministero ha giudicato erroneamente la portata della minaccia attuale».
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