La vicenda del protagonista di uno degli errori giudiziari più clamorosi della nostra storia, di un uomo che ha saputo trasformare la sua sofferenza di innocente stritolato da una giustizia ferma al Medioevo e dall'assenza di diritto in una battaglia per una giustizia giusta, «non è collegata alle finalità istituzionali del Senato».
Almeno non è lo per chi, da quando non è più magistrato, il Senato lo presiede, Pietro Grasso, il quale non ha concesso alla compagna di Tortora, Francesca Scopelliti, una delle sale di Palazzo Madama per presentare «Lettere a Francesca», il libro che raccoglie una selezione delle struggenti missive scritte in carcere dal conduttore Tv ammanettato nel giugno del 1983 e divenute ora testimonianza della battaglia politica che Tortora ha combattuto fino all'ultimo insieme al partito Radicale per l'affermazione della responsabilità civile dei magistrati, della terzietà del giudice e della separazione delle carriere. A 33 anni dal suo arresto sulla base di false accuse per associazione camorristica e spaccio di droga, Tortora fa ancora discutere. La polemica la solleva la stessa Scopelliti presentando il libro insieme al presidente dell'Unione delle Camere penali, Beniamino Migliucci. Presentazione che dopo l'illustre «sfratto» è avvenuta al Tempio di Adriano, con Emma Bonino e Giuliano Ferrara. È lei a raccontare che l'incontro si sarebbe dovuto tenere nel Palazzo della Minerva, nella biblioteca del Senato, sede che aveva chiesto come ex senatrice e che le era stata concessa, tanto che erano già partiti i primi inviti con quell'indicazione. Mancava solo il sigillo della presidenza. Ma gli uffici di Grasso hanno detto no, anche se ora corrono ai ripari ponendo una questione di par condicio: per il portavoce del presidente la sala è stata negata perché la Scopelliti è candidata al consiglio comunale di Milano e l'evento di ieri era troppo a ridosso del ballottaggio.
È del 7 giugno la lettera in cui la coordinatrice della segreteria del presidente Grasso scrive che «la presentazione del libro non è collegata alle finalità istituzionali del Senato». La Scopelliti legge e non riesce a credere che esuli dalle finalità del Senato il racconto di un uomo che ha trasformato l'infamia subita in una battaglia non tanto per dimostrare la sua innocenza ma per parlare del «caso Italia». Un paese dove, come scriveva Tortora, «solo i bimbi, i pazzi e i magistrati non rispondono dei loro crimini» e dove un uomo onesto può diventare «bersaglio» della «miserabile vanità di due Autorevoli che non possono per definizione sbagliare». La risposta della Scopelliti arriva il 16 giugno. In essa elenca i motivi per i quali le lettere avrebbero dovuto avere la giusta attenzione del Senato. «Il libro - spiega a Grasso - parla di un uomo perbene, accusato da alcuni magistrati per male che nonostante questo hanno fatto carriera, denuncia il nostro sistema penale che abbisogna di una riforma non più rinviabile proprio perché non ci siano più innocenti in carcere e il nostro sistema carcerario più volte denunciato dall'Europa». La compagna di Tortora si chiede se tutto questo possa non rispecchiare le finalità istituzionali del Senato. «Spero che la decisione - gli dice - non sia stata dettata più dal suo passato di magistrato che dalla sua attuale veste di seconda carica del Paese».
Nel motivare la sua assenza alla presentazione del libro il senatore Giorgio Napolitano parla del
caso Tortora come «esemplare di indagini e sanzioni penali non fondate su basi probatorie adeguate né rispettose d garanzie basilari della libertà e dei diritti delle persone». «Problemi di sistema ancora aperti», ammette.
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