Giovanni Rezza, epidemiologo, ex direttore generale Prevenzione del ministero della Salute, è stato tra i primi a esultare per il vaccino a mRna, ben prima del Nobel di ieri.
Il premio alla medicina è una vittoria ufficiale della scienza.
«Sì, ma la vera vittoria della scienza non è avvenuta ieri. Bensì il 27 dicembre 2020, giorno in cui abbiamo vaccinato la prima persona in Italia contro il Covid».
Si ricorda la data.
«Come potrei dimenticarla? Il vaccino è stato criticato in tutti i modi ma ricordiamoci che, prima di quel 27 dicembre, lo abbiamo sognato per mesi. E se non ci fosse stato, chissà quanti morti in più avremmo avuto».
Eppure i no vax continuano a polemizzare sui social.
«È ora di smetterla anche con le polemiche, soprattutto quelle infondate, basta. Non possiamo andare avanti a confutare tutto. Anzi, ringraziamo ci siano stati gli studi di Katalin Karikó e Drew Weissman. Le loro sono state ricerche lunghe, cominciate negli anni Novanta, e lungimiranti. Una svolta. Una pietra tombale sulle polemiche dei negazionisti. Immaginiamo solo cosa sarebbe stata la variante Delta se non ci fosse stato un vaccino ad attutirne gli effetti».
Quando le hanno comunicato che finalmente era pronto il vaccino, cosa ha pensato?
«Eravamo alle prese con un'emergenza mai vissuta. Pensavo che le persone corressero a vaccinarsi. E la maggior parte lo ha fatto, tanto che abbiamo dovuto stabilire delle priorità - anziani, fragili, cronici - e istituire degli hub vaccinali. Non scordiamo che fino a poco prima le polemiche erano sul fatto che il vaccino non c'era. Ora penso che i vaccini siano stati vittima del loro successo: hanno fatto diminuire la diffusione della malattia e quando la circolazione del virus cala, cala anche la paura e si snobba il rimedio».
Lei aveva anche ricevuto minacce dai movimenti contro il vaccino.
«Non amo parlarne. Al di là del lato più irrazionale della questione, capisco che molte persone si siano sentite costrette a iniettarsi in vena qualcosa che reputavano in fase sperimentale. Non mi sono mai voluto accanire ma ho sempre cercato di pubblicizzare i benefici del vaccino. Mai nella storia ne è stato realizzato uno in tempi così brevi e, grazie al mRna ne abbiamo avuto a disposizione uno più velocemente rispetto alle ricerche su quello tradizionale a base proteica, che poi è arrivato a rafforzare l'offerta vaccinale».
Se mai si arriverà a un vaccino a mRna contro il cancro, pensa ci sarà ancora così tanta reticenza a farselo somministrare?
«No, sarà diverso. È impensabile un movimento no vax anche contro un vaccino anti tumori. Innanzitutto sarà un vaccino terapeutico e poi quando si è malati si è disposti a farsi somministrare un vaccino molto più rispetto a quando si è sani. Quindi presumo verrà accettato con molte meno polemiche. Ovviamente le critiche irrazionali ci saranno sempre, cose del tipo mi volete modificare il patrimonio genetico».
La sperimentazione avrà tempi più lunghi rispetto alla pandemia?
«In pandemia si è stati costretti ad agire con tempi estremamente ristretti e alcuni effetti collaterali del vaccino si sono visti dopo la somministrazione. Ma quei tempi ci hanno anche salvato. E nulla è stato un azzardo. L'appropriatezza vaccinale si aggiusta con il tempo ma non si dica mai più che non c'è stata sperimentazione. I due scienziati premiati ieri sono stati fondamentali perché hanno capito come gestire la reazione infiammatoria del vaccino e il rigetto. Hanno quindi permesso di dare un'accelerata all'immissione sul mercato».
In oncologia cosa accadrà?
«Ci auguriamo buoni risultati che eviteranno ai malati oncologici di assumere i farmaci che prendono oggi: farmaci che hanno gli effetti collaterali che conosciamo.
Il paradosso è che ci si accanisce contro i vaccini, prodotti più sicuri e meno costosi rispetto a un sacco di altri farmaci, e si accettano altre cure. Ma la scienza sta facendo passi da gigante e arriveremo a curare il cancro, abbiamo individuato la strada da seguire».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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