La Guardasigilli si consulta con il Procuratore generale della Cassazione sulla nuova bufera che ha investito il Csm con i verbali Amara, e lascia a lui le iniziative disciplinari del caso. Ma Marta Cartabia viene anche sollecitata dai gruppi parlamentari della Camera a riferire in aula. Una richiesta unanime, da Fi che per prima l'aveva fatta, al Pd, dal M5S alla Lega a Fdi.
Come ministro della Giustizia la Cartabia condivide con il Pg della Cassazione Giovanni Salvi la titolarità delle azioni contro magistrati che hanno compiuto illeciti disciplinari e il rilievo dello scandalo la induce a fare il punto insieme, in una telefonata lunedì sera, riferita da fonti di via Arenula.
Al centro del mirino c'è il pm di Milano Paolo Storari che, in disaccordo con il presunto immobilismo del vertice della sua procura, si è andato a lamentare con l'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, portandogli i verbali secretati degli interrogatori dell'avvocato siciliano su una loggia massonica chiamata Ungheria e altro. Atto fuori dalle regole, che ora espone Storari alla probabilità di un processo disciplinare. O anche di un trasferimento d'ufficio, per incompatibilità ambientale.
Anche perché, come si sa, Davigo non l'ha spinto a fare un esposto, né ha fatto lui stesso passi formali per investire il Csm della vicenda e per un anno ha taciuto. Dice di averne solo parlato informalmente con «chi di dovere», cioè il vicepresidente David Ermini ma, sembra, senza far cenno ai verbali usciti dalla procura milanese. Verbali secretati ma non firmati che un «corvo» ha poi provveduto a diffondere alla stampa e ad un consigliere del Csm, Nino Di Matteo, che ha denunciato tutto in plenum e prima alla procura di Perugia. Si tratterebbe, ma è tutto da accertare, dell'ex segretaria di Davigo Marcella Contrafatto, che è indagata, è già stata interrogata dai pm romani e sospesa dall'incarico al Csm.
Ora l'ex protagonista di Mani pulite, molto criticato per come ha condotto la vicenda, non rischia nulla dal Csm perché in pensione ma oggi sarà ascoltato dalla procura di Roma, che insieme a Perugia e Brescia sta indagando. E dev'essere assodato dove si è compiuto il reato di violazione del segreto istruttorio, se nella capitale come si è ipotizzato finora o a Milano, dove abitano sia Storari che Davigo.
A Palazzo de' Marescialli per ora tutto tace, dopo che Ermini ha rotto il suo lungo e imbarazzato silenzio dopo la denuncia in plenum di Di Matteo, ed è intervenuto per difendere il Csm da una possibile campagna denigratoria.
Il fatto è che il nome del togato Sebastiano Ardita figura nei verbali di Amara come appartenente alla loggia, anche se l'interessato avrebbe già smontato le accuse a Perugia e continua a farlo in interviste.
Inoltre è partita la caccia al «corvo», dopo la perquisizione nell'ufficio della Contrafatto, per accertare se sia lei e solo lei ad aver spedito i plichi anonimi. O se, almeno, ci sia un diverso «mandante».
Oggi c'è il plenum al Csm e bisognerà vedere se qualcuno farà riferimento alla vicenda, sollevata la scorsa settimana solo da Antonio D'Amato del gruppo di Magistratura indipendente.
Mentre Salvi procede con l'iniziativa disciplinare, e bisognerà vedere se solo per Storari o anche per altri, parallelamente il Comitato di presidenza potrebbe aprire una pratica in prima commissione per un'eventuale incompatibilità del pm a lavorare nel suo ufficio, dopo aver lamentato che non fossero state fatte indagini sulle dichiarazioni di Amara.
Dichiarazioni che, tra l'altro, attribuirebbero alla fantomatica loggia anche il «merito» della nomina del procuratore Francesco Greco. La pratica per un possibile trasferimento potrebbe anche essere sollecitata da un singolo consigliere.
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