Venerdì a Perugia si deciderà sul rinvio a giudizio per Luca Palamara e Stefano Fava, ma intanto i pm riducono le contestazioni ai due per aver rivelato segreti d'ufficio ai giornalisti del Fatto Quotidiano e della Verità.
Dall'udienza preliminare di ieri l'ex presidente dell'Anm che, radiato dalla magistratura continua a scuoterne gli equilibri, esce con un gran sorriso. «Prendo atto con soddisfazione - dice Palamara- che da parte della procura di Perugia, con la modifica della imputazione, c'è stato un dimezzamento delle accuse a mio carico, segno evidente che dalla lettura delle carte non può che emergere la mia totale estraneità ai fatti che mi vengono contestati». A luglio l' ex consigliere del Csm è stato rinviato a giudizio per corruzione, ma questo è un filone diverso, appunto sulla fuga di notizie secretate. Per l'accusa l'allora pm della capitale Fava, con l'aiuto del collega Palamara, avrebbero usato queste armi per una campagna mediatica contro il capo della procura capitolina, Giuseppe Pignatone e l'aggiunto Paolo Ielo.
Ora, però, l'impianto accusatorio sembra zoppicare e, come nell'altra vicenda giudiziaria, si cambiano i capi d'imputazione. Così, si alleggerisce la posizione dell'uomo che, dopo essere stato al centro dei traffici tra le correnti per le nomine, è diventato il primo accusatore del Sistema, come lo chiama nel suo libro.
«La procura in extremis - spiega Benedetto Buratti, difensore di Palamara con Roberto Rampioni e Mariano Buratti- ha modificato per sottrazione un'imputazione che rimane comunque infondata. A maggior ragione confidiamo che la vicenda si concluda con il proscioglimento il prossimo venerdì».
Nell'udienza preliminare di fronte al Gup Angela Avila, la procura ha dunque cancellato per Fava e Palamara l'accusa di aver rivelato che l'ex avvocato esterno dell'Eni Amara fosse indagato per bancarotta e frode fiscale e che nei suoi confronti ci fosse una misura cautelare. I pm Gemma Miliani e Mario Formisano ai due contestano ancora di aver rivelato notizie d'ufficio «segrete». In particolare, che Fava aveva predisposto una misura cautelare per Amara per autoriciclaggio e Pignatone «non aveva apposto il visto» e che nel corso delle perquisizioni per il procedimento Fava «aveva recuperato documentazione che dimostrava come la società Napag era stata utilizzata per riciclare denaro che l'Eni aveva fatto pervenire ad Amara (25 milioni di euro)».
Venerdì interverranno i difensori di Fava, accusato anche di accesso abusivo a sistema informatico.
Il suo obiettivo, per i pm «era di avviare una campagna mediatica ai danni di Pignatone, per far avviare un procedimento disciplinare contro l'allora procuratore di Roma e per screditare l'aggiunto Paolo Ielo», con «l'ausilio» di Palamara, «a cui consegnava tutto l'incartamento indebitamente acquisito».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.