Caso Palmara, si spacca anche l'Antimafia

Si spacca pure l'Antimafia. Salta l'audizione di Palamara. Era stato convocato per domani ma manca il numero legale. I radicali insistono: "Sia ascoltato presto"

Caso Palmara, si spacca anche l'Antimafia

Non era mai accaduto che la Commissione parlamentare Antimafia si spaccasse in modo così netto e soprattutto anomalo. Né tantomeno che ciò accadesse intorno a una audizione fortemente voluta dal suo presidente. Sulla decisione dell'ex grillino Nicola Morra di convocare Luca Palamara a Palazzo San Macuto, la commissione si è divisa frontalmente. Risultato: per ora salta tutto, l'audizione di Palamara prevista per domani è rinviata a data da destinarsi. Se Morra, come pare, si impunta è probabile che alla fine l'interrogatorio si farà. Ma la spaccatura intorno al nome di Palamara la dice lunga su come il ciclone sollevato prima dalle chat e poi dalle dichiarazioni dell'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati abbia investito insieme al mondo della giustizia anche i palazzi della politica, dove il fronte che si oppone all'audizione la definisce una perdita di tempo e un regalo di visibilità a Palamara: mentre ieri arriva la replica del Partito radicale, cui l'ex pm ha aderito dopo l'espulsione dalla magistratura. «Comprendiamo la ritrosia di qualche forza politica a cavallo della magistratura a voler verbalizzare in Commissione Antimafia quanto Palamara ha messo nero su bianco e reso pubblico con il libro Il Sistema», dichiarano Maurizio Turco e Irene Testa, annunciando di mettere «a disposizione dei commissari, a cominciare dal presidente Morra, le nostre modeste risorse perché ascoltino in tempi brevi e in seduta pubblica Palamara».

A fare saltare la convocazione di Palamara per domani è stata la mancanza del numero legale. La verifica delle presenze è stata chiesta da Pietro Grasso di Leu, ex procuratore a Palermo, accanto al quale si è schierato non solo il Partito democratico ma anche Forza Italia. Gli unici a muoversi compattamente per l'audizione immediata di Palamara sono stati i componenti leghisti della commissione, guidati dal vicepresidente Pasquale Pepe, che si sono presentati tutti in aula. Ma non è bastato.

Gli argomenti che hanno spinto Forza Italia a non forzare per la convocazione di Palamara non sono dissimili a quelli del Pd, portati in commissione dal vicepresidente del Senato Franco Mirabelli. La tesi è che le uniche vicende toccate da Palamara di competenza della commissione sono le due che riguardano il pm palermitano Antonino Di Matteo e le sue estromissioni dal pool stragi e dalla direzione delle carceri, argomenti già ampiamente sviscerati dalla commissione; mentre su tutto il resto delle rivelazioni l'Antimafia potrebbe interrogare Palamara solo in modo consultivo, senza i poteri della commissione d'inchiesta, e senza l'obbligo di dire la verità.

Il Sistema

La strada indicata dal centrodestra per dare il giusto spazio alle rivelazioni di Palamara è un'altra: la costituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta dedicata specificamente alle deviazioni emerse all'interno delle correnti della magistratura e del Csm. È quello il contesto ideale, secondo Forza Italia, per accertare con tutti i poteri di indagine quanto accaduto in questi anni nel mondo delle toghe e nei loro rapporti con il potere politico.

Il progetto di legge forzista ha raccolto l'appoggio di tutto il centrodestra e anche quello di 67 magistrati da tempo impegnati nella lotta contro lo strapotere delle correnti, che in una lettera al presidente della Repubblica hanno denunciato che «lo scandalo continua a imperversare e, lungi dal placarsi, è costantemente alimentato dall'uscita di nuove e allarmanti notizie che rendono il quadro complessivo sempre più inquietante e inaccettabile».

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