Sicilia, i piromani affaristi tengono l'isola in ostaggio

Dopo i settecento roghi dolosi scoppiati nella regione, si contano i danni e si indaga su chi li ha appiccati

Sicilia, i piromani affaristi tengono l'isola in ostaggio

Palermo - Sicilia sotto attacco. In ginocchio dopo 700 incendi appiccati da un capo all'altro dell'isola, si lecca le ferite continuando a contare sull'opera preziosa di vigili del fuoco, protezione civile, forze dell'ordine e volontari, decisa a non piegarsi alla mafia di chi ha ordito un piano criminale per i propri interessi. Sono due le inchieste aperte dalle procure di Palermo e Termini Imerese. Troppo ingenuo credere a roghi spontanei o per distrazione. La tempistica con cui i focolai sono partiti, dalle zone collinari e montuose a quelle costiere, non lascerebbe dubbi sul dolo.

Anche il capo della protezione civile nazionale, Calogero Foti, non crede all'autocombustione. Dietro gli incendi si celano vasti interessi forse legati ad attività speculativa dei terreni o di prevenzione degli incendi e di rimboschimento. Basti pensare alla decisione della Regione siciliana di tagliare i forestali condannati per mafia e incendio doloso e gli stagionali con precedenti penali per possesso illegale di armi, che non è stata bene digerita da tutti.

«All'autocombustione credono solo i bambini dice il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, scampato a un agguato legato alla mafia dei pascoli sui Nebrodi -. Al parco faremo la guerra ai piromani. E se ne sarà individuato qualcuno, ci costituiremo parte civile. Non daremo tregua a chi incendia le nostre terre». Ma Antoci è consapevole di quanto sia arduo il lavoro degli investigatori. «Sono certo del dolo e so che sarà difficilissimo provarlo perché usano anche tecniche impossibili da smascherare come dare fuoco agli animali che, scappando, diffondono le fiamme».

Un orrore senza fine, insomma, ha riaperto una ferita mai rimarginata in Sicilia, dove non è la prima volta che i piromani attendono condizioni meteo favorevoli per appiccare il fuoco confidando nel vento come quello che ha soffiato forte in questi giorni di fuoco siciliani. Da più parti si leva la richiesta di smascherare i criminali che hanno messo a rischio la vita di tanta gente e hanno distrutto un patrimonio naturale, condannando a morte fauna e biodiversità.

«Le istituzioni devono garantire l'efficace e capillare impiego di tutte le risorse disponibili. Occorre verificare l'efficienza dei meccanismi di prevenzione», dice il presidente della Repubblica, che «confida in una rigorosa azione volta ad accertare le cause degli incendi». Pugno di ferro contro i piromani che chiama «farabutti» lo chiede il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. E il ministro degli Interni, Angelino Alfano, presente a un vertice in prefettura a Palermo, con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, il capo del dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, ha assicurato che sarà così. «Il coordinamento ha funzionato», dice, ma monta anche la polemica sul ritardo con cui è partita solo tre giorni fa la campagna antincendi.

Ieri ancora una parte della Sicilia bruciava, ma il calo del vento e delle temperature ha permesso l'utilizzo dei canadair. Ieri l'unità di crisi istituita a Palermo ha segnalato roghi sul Monte Pellegrino, a Poggio ridente, a San Martino delle Scale, Castellaccio, Piano Geli, all'Arenella si respirava il fumo dei capannoni incendiati dell'ex Chimica.

Sotto scacco Castellamare del Golfo e Cefalù. La situazione più difficile lungo la fascia tirrenica del messinese e sui Nebrodi. Migliora la viabilità, con l'apertura di tratti autostradali, permangono disagi nei collegamenti ferroviari.

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