"Con il silenzio si vuole occultare lo stato tragico della giustizia"

Il giurista: "Il referendum è scomodo, tocca argomenti che imbarazzano"

"Con il silenzio si vuole occultare lo stato tragico della giustizia"

Il professor Giovanni Guzzetta, esponente di spicco del comitato promotore per il referendum, invita alla tenacia sui quesiti sulla giustizia.

I palazzi sembrano sordi rispetto alle iniziative dei promotori.

«Non mi sorprendo. La giustizia è un tema scottante, molto controverso. Il referendum è scomodo. Ed è anche imbarazzante. Perché la situazione della giustizia in Italia è drammatica. Siamo il Paese con più condanne per l'irragionevole durata dei processi. Dopo di noi c'è la Turchia, che però ne ha subite la metà. Siamo il Paese degli errori giudiziari, soprattutto nella carcerazione preventiva, con mille innocenti sottoposti a custodia cautelare ogni anno che si riveleranno del tutto innocenti ma dopo aver avuto la vita e la reputazione distrutta per un tempo lunghissimo. Il tasso di modifica delle sentenze tra primo grado e gradi successivi è altissimo, il che vuol dire che qualcosa non funziona e che, come minimo, per avere giustizia ci vogliono anni. Di fronte a tutto ciò, un dibattito ampio e ricco di informazione avrebbe aumentato l'imbarazzo e probabilmente indignato l'opinione pubblica che magari di queste non è al corrente. Meglio sorvolare. E meglio trincerarsi dietro l'alibi della complessità dei quesiti. Come se i cittadini, se informati, non siano in grado di farsi un'opinione».

Come si declina il suo impegno?

«Di fronte alla constatazione generale della crisi della giustizia, denunciata persino dal presidente della Repubblica che ha usato parole drammatiche, paventando una generalizzata perdita di fiducia dei cittadini, è un dovere di tutti dare un proprio contributo. Di fronte a quello che sta accadendo, il contributo dev'essere innanzitutto di informazione, anche per smascherare alcune falsità che vengono diffuse da chi si oppone al cambiamento. Come quella di accusare i referendum di voler smantellare la custodia cautelare e lasciare andare in giro i violenti e gli spacciatori. Fandonie. Su questo aspetto il referendum non cambia nulla. Oppure insinuare il dubbio che si voglia attenuare la battaglia contro i corrotti, solo perché si contesta che sia legittimo sospendere dalla carica un sindaco ancor prima che ci sia stato un giudice, anche solo in primo grado, ad accertare la sua colpevolezza. Questa è la cosa che più mi ripugna. La verità è che aveva ragione Giovanni Falcone quando si schierò per la separazione delle carriere: gli oppositori avrebbero fatto di tutto per delegittimare i sostenitori di questa proposta. E quanto a delegittimazione, anche da parte di limitati settori della magistratura, purtroppo Falcone ne seppe qualcosa».

Resta ottimista?

«Se questa campagna sarà servita a diffondere una maggiore consapevolezza sul fatto che i problemi della giustizia sono gravissimi e non riguardano solo lo scontro tra politica e magistratura, ma la vita di ogni cittadino, si potrà essere comunque soddisfatti. Sull'esito è difficile dire, perché a tutt'oggi sono in milioni a non sapere nemmeno che c'è una partita da giocare. Ma tant'è, mi pare che ci si diriga, con il compiacimento di molti, verso l'astensionismo per disinformazione».

Sulla Rai?

«Basta guardare i dati del Garante per le comunicazioni: ai referendum, sinora, è stato riservato meno dell'1 per cento di tutto il tempo che la Rai ha dedicato a informazione e approfondimento».

Se il referendum fallisse?

«La storia ci insegna che non esiste nulla di irriformabile. Prima o poi il cambiamento arriva. Certo più tardi arriva e più sono i danni accumulati nel frattempo. Per questo sono in tanti a difendere l'indifendibile. Non perché ignorino che il cambiamento è ineluttabile, ma perché sperano che accada il più tardi possibile. Dal loro punto di vista, ogni giorno guadagnato è un successo insperato. Il prolungamento delle proprie rendite».

Manca poco tempo.

«Sulla carta, considerando la velocità a cui va il mondo, in una settimana può succedere di tutto. Gli strumenti per informare sono potentissimi. A meno che non si lavori perché ciò non accada. Io confido molto nella consapevolezza dei cittadini. Certo il presupposto è che essi sappiano che il 12 giugno è stato convocato un referendum.

È surreale, ma sono ancora in tanti a non saperne nulla. Spero che chi ha a cuore il tema si attivi con il passaparola tra amici e conoscenti. Per il resto, come ho già detto, la virtù principale per chi vuole il cambiamento è la tenacia».

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