Ieri la programmazione Rai è stata stravolta dallo sciopero dei dipendenti che lavorano per la tivù di Stato, mentre oggi si ferma il settore aereo. Quando al governo c'è il centrodestra le mobilitazioni sindacali si impennano a dismisura.
Nel 2023 sono stati proclamati 1.649 scioperi di cui 1.129 sono stati quelli effettuati e ben il 40% ha riguardato il settore del trasporto passeggeri che è di competenza del vicepremier Matteo Salvini. Ma la tendenza di scendere in piazza contro il governo Meloni era iniziata già dopo poco più di un mese dal suo insediamento, il 16 dicembre 2022 quando Cgil e Uil protestarono contro la legge di bilancio con uno sciopero generale di 4 ore per tutti i settori pubblici e privati.
L'8 marzo dell'anno scorso, invece, in occasione della giornata della donna, alcuni sindacati come Usb e Cobas hanno protestato contro il divario salariale, contro i femminicidi e per la difesa della legge 194, mentre lo scorso 23 febbraio i metalmeccanici e altre organizzazioni sindacali hanno manifestato per chiedere il cessate il fuoco a Gaza.
Proteste dal carattere più politico che legittime rivendicazioni dei lavoratori. L'ultimo governo Berlusconi, invece, si era insediato l'8 maggio 2008 e il giorno immediatamente successivo era stato accolto dai sindacati sia con uno sciopero del mondo dei trasporti sia della scuola. La Riforma Gelmini fu quella più indigesta per i docenti e i professori universitari che, in quegli anni scesero in piazza a più riprese, ma anche il settore del pubblico impiego fu molto attivo con le mobilitazioni.
Il governo Monti, invece, si ritrovò subito i sindacati schierati contro la Riforma Fornero, mentre nel marzo 2012 i metalmeccanici della Fiom si rivoltarono contro la modifica dell'Articolo 18 e nel novembre dello stesso anno la Cgil aderì allo «sciopero europeo» di tutte le categorie pubbliche e private contro l'austerity di Bruxelles.
Sotto il governo Renzi, che ruppe con le politiche massimaliste della sinistra italiana, le proteste si concentrarono il Jobs Act, la Buona Scuola e la riforma costituzionale che sfociò nella manifestazione «No Renzi Day» del 22 ottobre 2016. Nulla se paragonato al quinquennio 2001-2006, ossia il periodo del II e III governo Berlusconi, quando le ore di sciopero e manifestazioni di vario tipo superarono quota 64 milioni di ore non lavorate. Per la precisione, nel 2001, in appena 7 mesi di governo di centrodestra, si persone un milione di ore perse.
Nel 2002, anno della revisione dell'articolo 18 dello Statuto, le ore scioperate furono 34 milioni, ossia cinque volte di più rispetto all'anno precedente. Nel 2003 si raggiunsero i 13,1 milioni di ore perse e nel 2004 quasi 5 milioni.
Anche negli ultimi anni di governo del centrosinistra del passato millennio le ore non lavorate furono nettamente inferiori: nel 1998 poco più di 4 milioni, mentre nel 1999 e nel 2000 si erano attestate intorno ai 6 milioni. Una sproporzione evidente che denota una politicizzazione delle rivolte sindacali che non può essere casuale.
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