«Abbiamo fatto il possibile affinché non si arrivasse alla mozione di sfiducia. Ma tutti erano consapevoli che di fronte a un rilievo motivato dell'Antitrust non sarebbe stato possibile continuare». Il giorno dopo le sue dimissioni, fonti governative si limitano a fotografare come inevitabile l'epilogo del mandato di Vittorio Sgarbi da sottosegretario alla Cultura e a rimandarne le motivazioni alla delibera.
Le contestazioni dell'Autorità Garante della Concorrenza riguardano attività, giudicate lucrative e incompatibili con il ruolo governativo come spettacoli teatrali, ospitate in tv, lectio magistralis. Nella delibera di 60 pagine, anticipata dal Corriere.it, si evidenziano i guadagni percepiti dal critico d'arte, che avrebbero fruttato nei primi nove mesi di governo, una cifra intorno ai 300mila euro. All'attenzione dell'Antitrust, che li cita espressamente nella delibera, sono finiti anche i 16 incarichi pubblici e privati ricoperti da Sgarbi, oltre a quello di sottosegretario. Secondo l'Autorità «Sgarbi ha esercitato attività professionali in veste di critico d'arte, in materie connesse con la carica di governo, a favore di soggetti pubblici e privati», in violazione della Legge Frattini sul conflitto di interesse. L'Antitrust precisa che l'elemento della occasionalità delle attività svolte da Sgarbi è del tutto incompatibile con la realizzazione e il mantenimento di una stabile organizzazione di persone e mezzi il cui fine unico è quello di «organizzare, gestire e realizzare gli interventi dietro corrispettivo».
Nel mirino dell'Antitrust è finita anche la vendita al pubblico dei suoi libri firmati attraverso il sito Internet www.vittoriosgarbi.it ma su questo punto è stata decisa la chiusura del procedimento perché «l'attività di vendita in questione non è più in essere e la relativa sezione del sito risulta essere non più online». Il critico d'arte è pronto naturalmente a ricorrere al Tar dove cercherà di ribaltare la tesi, sostenendo di essere stato invitato alle conferenze o alle presentazioni «per la mia competenza» e non per il fatto di essere sottosegretario.
Dal punto di vista politico le dimissioni non sembrano destinate a provocare ripercussioni. Le sue deleghe verranno assorbite dal ministro Gennaro Sangiuliano, di una nuova nomina se ne parlerà eventualmente dopo le Europee. Di certo la maggioranza non vuole caricare di eccessivi significati questo passaggio e punta e tenere il più possibile lontani i riflettori dalla vicenda. Il ministro Sangiuliano, ad esempio, ieri ha partecipato al congresso provinciale di FdI, ma non si è fermato a rispondere alle domande. Se Fratelli d'Italia e Lega evitano di commentare, non si sottraggono gli esponenti di Forza Italia. Per Licia Ronzulli «è un peccato perché Vittorio è una grande risorsa del mondo che rappresenta». Antonio Tajani sottolinea che «è una sua scelta e non c'è nulla da commentare». Si schiera, invece, il senatore di Forza Italia Mario Occhiuto. «Il governo dovrebbe considerare la possibilità di non accettare le sue dimissioni o valutare l'assegnazione di un altro incarico a Sgarbi».
Chi può dare naturalmente fuoco alle polveri è il Movimento Cinque stelle. Giuseppe Conte punta il dito contro Giorgia Meloni che avrebbe avuto «il dovere di salvaguardare il prestigio dell'istituzione di Governo».
E Sgarbi lo attacca, furibondo: «Esempio di immoralità politica». Il Pd, invece, prova ad attirare nella rete polemica il ministro Sangiuliano, invitandolo in Parlamento per «spiegare i criteri con cui ha attribuito le deleghe al sottosegretario».
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