"La sinistra rischia l'effetto Brancaleone. Ma attenti alla sorpresa di settembre"

Il politologo: "L'Unione nel 2006 aveva Prodi come collante, ora non c'è. Il centrodestra è favorito, a meno di eventi traumatici prima del voto"

"La sinistra rischia l'effetto Brancaleone. Ma attenti alla sorpresa di settembre"

Professor Roberto D'Alimonte, il 25 settembre da una parte ci sarà il centrodestra, dall'altra ancora non si sa. Un riedizione dell'Unione con tutti dentro? Non rischia di essere un'armata Brancaleone?

«Al momento sembra così, ma con due differenze importanti rispetto all'Unione del 2006. La prima è Prodi che faceva da collante. La seconda è che l'Unione comprendeva tutte le formazioni della sinistra e del centro-sinistra mentre oggi il M5s è fuori».

Secondo lei alla fine Calenda andrà da solo o con il Pd? Forse il braccio di ferro con Letta in realtà è solo sulla distribuzione dei collegi.

«Penso che andrà con il Pd per ragioni politiche e tecniche. Tra queste ultime il fatto che senza +Europa dovrebbe raccogliere le firme e pare che la Bonino sia decisa ad allearsi con il Pd, quindi...».

Quanto pesano i collegi uninominali per la vittoria?

«Saranno decisivi. Le faccio un esempio. Oggi la media dei sondaggi stima il centro-destra al 45%. Se fosse così anche il 25 settembre potrebbe vincere oltre il 70 % dei seggi uninominali e garantirsi così la maggioranza assoluta in entrambe le Camere».

Per com'è fatto, il Rosatellum avvantaggia qualcuno?

«Avvantaggia chi ha più voti indipendentemente se lista singola o coalizione. Il perché sta nei collegi uninominali. Il seggio lo vince il candidato che ha un voto più degli altri. E qui torniamo alla risposta alla domanda precedente. Sarà avvantaggiato il centro-destra se avrà più voti del centro-sinistra o viceversa».

Dopo lo squagliamento del M5s dove andranno i voti persi dai grillini, specie al Sud? A Di Maio? Al Pd che candida gli ex grillini? Al centrodestra? Nell'astensione?

«Si disperderanno in tutte le direzioni che lei ha menzionato. In quale misura dipenderà anche dalla campagna elettorale».

Si direbbe che Renzi non lo voglia nessuno. Perché?

«È il politico più inviso oggi, al di là dei suoi demeriti. Con Renzi abbiamo scoperto che l'antipatia è una categoria della politica».

Sembra che tutti vogliano andare al centro, da Renzi a Calenda a Toti, Brugnaro etc. Ma esiste anche tra gli elettori questo Grande Centro o solo nelle fantasie del leader politici?

«Esiste una domanda di centro nel senso di politiche moderate, lontane da estremismi di destra e di sinistra, non esiste una offerta credibile».

Il centrodestra secondo lei fa bene a dire che indicherà il premier dopo le elezioni, o dovrebbe già dire che sarà la Meloni a fare il premier?

«Il centro-destra ha stabilito una regola, pare. Ed è quella che il partito con più voti indicherà il premier. Quindi non può dire oggi che il premier sarà la Meloni anche se tutti i sondaggi la indicano come il leader del partito più forte della coalizione».

Al momento è molto avvantaggiato il centrodestra. Può cambiare ancora tutto in questi due mesi scarsi?

«Viviamo in tempi di grande volatilità elettorale, i legami tra elettori e partiti sono fragili, tanti elettori oggi non sanno se andranno a votare e chi votare. A questo aggiungiamo il fatto che eventi traumatici di politica interna o di politica internazionale possono cambiare gli umori della gente.

In Usa nel caso delle presidenziali che si svolgono a novembre si parla della sorpresa di ottobre. Ecco da noi potrebbe esserci la sorpresa di settembre. Ciò premesso, alla luce dei sondaggi a disposizione e delle difficoltà del centro-sinistra, la coalizione di centro-destra è certamente in pole position».

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