"Smartphone e pc, i dazi torneranno"

Lutnick: "Stop temporaneo, poi i chip". La Cina: "Annullino le tariffe". Oggi vertice Usa-Ue

"Smartphone e pc, i dazi torneranno"
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Dopo il primo segnale di apertura degli Usa alla Cina con l'esenzione di smartphone, computer e altri prodotti elettronici dai dazi reciproci, ieri Donald Trump ha avvertito il mondo che non si fermerà, con toni come sempre apocalittici: «Nessun Paese si salverà dai dazi americani per gli ingiusti squilibri commerciali e le barriere non tariffarie che sono stati usati contro di noi, soprattutto dalla Cina». Il presidente ha anche ammonito a «produrre in America» per non essere «tenuti in ostaggio dagli altri Paesi, soprattutto dalla Cina». E poi: «Stiamo valutando i chip e tutta la catena di approvvigionamento dell'elettronica. I chip saranno valutati nell'ambito delle indagini sui dazi per la sicurezza nazionale». Secondo Politico, il tycoon si prepara a chiedere al dipartimento del Commercio di lanciare un'indagine che potrebbe tradursi in nuovi dazi per motivi di sicurezza nazionale. The Donald punta a ricorrere alla sezione 232 del Trade Act del 1962 che consente di limitare le importazioni ritenute una minaccia per la sicurezza.

Insomma, chi sperava in una tregua deve ricredersi, anche se con Trump niente è mai sicuro. Anche Pechino, il cui ministro del Commercio di Pechino esorta gli Stati Uniti a «fare un grande passo avanti per correggere i propri errori, cancellando completamente una pratica errata e tornando sulla giusta strada del rispetto». Il segretario al commercio americano Howard Lutnick conferma però in un'intervista ad Abc che l'esenzione dei dispositivi elettronici è temporanea: «Sono fuori dalle tariffe reciproche, ma possono essere inclusi in quelle per i semiconduttori, che arriveranno in un mese o due».

Una delle priorità di Trump è poi il «reshoring», ovvero riportare la manifattura all'interno dei confini nazionali: aziende come Apple, Diageo e Johnson&Johnson si sono affrettate ad annunciare 1.900 miliardi di dollari di investimenti interni dalla sua elezione, incluso il rafforzamento della capacità produttiva. Tuttavia, la ricerca di immobili, progettazione e costruzione di una fabbrica, assieme alle autorizzazioni e all'ordine delle attrezzature per la produzione richiederanno anni, e molti difficilmente vedranno la luce prima della scadenza del secondo mandato del 47° presidente. «Nella maggior parte dei casi ci vorranno dai tre ai dieci anni per costruire un nuovo impianto di produzione negli Stati Uniti», afferma sul Financial Times Erin McLaughlin, economista del Conference Board con esperienza in progettazione e costruzione. Le imprese che cercano di proteggere le proprie catene di approvvigionamento potrebbero ricorrere a più veloci acquisizioni nazionali. E nell'agenda della Casa Bianca ci sono anche le trattative con l'Ue: tra le varie carte che il commissario al Commercio Maros Sefcovic è pronto a giocarsi nell'incontro delle prossime ore con le controparti americane c'è quella del surplus Usa nel comparto dei servizi. Gli Stati Uniti qui sono in vantaggio rispetto all'Europa di ben 109 miliardi di euro, stando ai dati del 2023.

Sabato sera

Trump è stato a Miami per assistere a degli incontri di arti marziali miste dell'Ufc al Kaseya Center. Accolto da un'ovazione, Trump ha gongolato: «È stato un grande onore perché vuol dire che stiamo facendo un buon lavoro».

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