"Smettiamola con le paghette Bonus da decrescita infelice"

Il sindaco di Venezia smonta gli aiuti sul turismo dell'esecutivo

"Smettiamola con le paghette Bonus da decrescita infelice"

«Smettiamola con le paghette, con gli espropri proletari. Riapriamo le frontiere del turismo. Fidiamoci degli italiani. Venezia si rialza da sola, ma l'immagine dell'Italia si riflette a Venezia». E da sindaco, Luigi Brugnaro, non vuole un'altra legge speciale, ma poteri speciali, non crede nei bonus vacanze che chiama «tessere del pane, una trovata da decrescita felice e non da Stato adulto. Non è così che ripartiremo. E che ripartiremo ne sono certo. Venezia ce la farà anche questa volta e sarà una città aperta al mondo».

E invece si voleva chiudere al turismo. L'epidemia ha realizzato il sogno di chi voleva farne la città invisibile di Italo Calvino?

«È la nostra prova più difficile anche perché si aggiunge alla disgrazia, l'ondata, da cui stavamo provando a risollevarci. Ma sento che questa prova ci stimolerà. Ci ha già reso più uniti come comunità. I veneziani sono uomini di terra e di mare. Gente solida».

Di lei si riconosce la franchezza ruvida, ma efficace, quella che in diretta televisiva le ha fatto dire, rivolgendosi agli uomini di governo, «non siete cattivi, ma incapaci».

«L'ho detto perché come sindaci siamo stati lasciati soli e perché ero stanco di ascoltare promesse. A me non piace lamentarmi ma come governo stanno andando dalla parte sbagliata. Sono le industrie, i privati che onorano questo Paese. È a loro che bisogna dare speranza».

Toneranno i turisti a Venezia e gli intellettuali torneranno a firmare appelli contro di loro?

«Torneranno e il virus ci permetterà di pensare a un turismo nuovo e intelligente. L'appello questa volta lo faccio io e al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Apra le frontiere. Non rimanga in silenzio».

Cosa ne pensa del bonus turismo che sta facendo infuriare gli albergatori?

«Che è lontano dalle mie idee. Mi sembra una trovata da decrescita infelicissima. Che senso ha legarlo all'Isee? Non mi convincono le paghette».

Avete ricevuto aiuti dal governo?

«Stiamo facendo con il nostro denaro. Quando mi sono insediato il bilancio era disastroso, ma lo abbiamo risanato. Abbiamo chiuso l'ultimo anno con 62 milioni di attivo e li mettiamo a disposizione della città. Con i nostri risparmi esentiamo chi versava la tassa sul suolo pubblico. È questo il vero decreto rilancio».

Ma non potete aprire il casinò che è stato chiuso dallo Stato.

«E non capisco perché debba rimanere chiuso ancora. Non capisco la farraginosità di alcune norme e anche la discrezionalità. Che differenza c'è tra un tatuatore e un estetista? Uno rimane aperto e l'altro invece chiuso».

È stata giusta la scelta di sospendere la Biennale?

«Si è decisa la sospensione per motivi tecnici. Era difficile per le altre nazioni partecipare. Ma nulla è perduto. Riapriremo i giardini della Biennale, il padiglione Venezia, quello Italia. Coinvolgeremo le periferie. Allungheremo la stagione fino all'inverno».

Il poeta Brodskij diceva che non si capisce Venezia se non in inverno.

«Sarà qualcosa che rimarrà nella memoria. Invito tutti a venire anche perché festeggeremo i 1600 anni della Serenissima. Il nostro motto antico è Duri i banchi. Lo si pronunciava quando in mare, ai rematori, si ordinava di tenersi alle panche prima dell'impatto contro le altre navi. Noi siamo questo».

Per salvare Venezia si istituiscono leggi speciali. Ne vuole una nuova pure lei?

«Vorrei che venisse rifinanziata quella che già c'è. Vorrei poteri speciali anziché leggi anche perché noi sindaci facciamo da soli. La scorsa settimana di fronte a un incendio di prodotti chimici non abbiamo ricevuto neppure una telefonata dal ministro dell'Ambiente. Ci diano autonomia, più poteri. Ce la meritiamo».

Gli italiani si meritano le minacce di chiusura che ogni giorno arrivano?

«Non si è mai costruito nulla sulle minacce. Gli italiani si meritano fiducia».

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