«È una misura di buon senso». L'economista Giulio Sapelli giudica positivamente l'approvazione del nuovo codice degli appalti.
Molti criticano il fatto che, in alcuni casi, non si facciano più le aste. Lei cosa ne pensa?
«Lo snellimento investirà soprattutto i piccoli Comuni dove c'è una grande visibilità e dove si conosce l'azienda che partecipa alla gara, chi vince e, quindi, c'è un controllo sociale molto forte. Credo che non ci siano grossi pericoli».
Ma, allora, perché ci sono tanti allarmismi?
«Questa antropologia negativa ci fa dire che tutti sono delinquenti. Io, invece, penso che la maggioranza dei sindaci sono brave persone. Il fatto che vi sia questo tetto faciliterà le transazioni».
Non teme, come ha detto il presidente dell'Anac, che questa riforma possa incentivare la corruzione?
«Non mi pare assolutamente una misura che incentiva la corruzione che, generalmente, arriva più dai grandi gruppi che non dalle piccole e medie aziende. Poi, uno Stato ordinato non ha bisogno di un'autorità di questo tipo perché ha già, nelle sue organizzazioni le cure contro la corruzione. L'Anac significa consegnare ai pm l'amministrazione dello Stato».
Ma, allora, perché la Cgil ha annunciato di voler scendere in piazza?
«La Cgil ha una posizione eminentemente ideologica. Facendo così non fa altro che danneggiare le piccole e medie imprese. Invece, dovrebbe difendere i lavoratori che vengono danneggiati da questa sua posizione».
E non le sembra che la Cgil, essendoci un governo di centrodestra, parta ancora più prevenuta del solito?
«Essendo un sindacato che si definisce generale e di classe, non associativo, la Cgil ragiona più come un partito politico che come un sindacato. Questo è il suo grande e organico difetto».
Neanche il fatto che la Meloni sia andata a parlare al Congresso della Cgil ha stemperato i toni e migliorato i rapporti?
«Quello è un fatto storico perché non accadeva da svariati anni che un presidente del Consiglio parlasse al congresso della Cgil. La Meloni ha fatto un atto importantissimo perché le forze del lavoro sono rappresentate nella nostra Costituzione. La Cgil continua a fare la sua politica pregiudizialmente contraria a questo governo, mentre dovrebbe sostenere la riforma del codice degli appalti».
Questo codice dovrebbe snellire le procedure in vista dell'attuazione del Pnrr. Secondo lei, l'Italia ce la può fare a rispettare gli impegni presi?
«Le difficoltà dell'Italia derivano dalla distruzione dell'apparato statale e dalle rappresentanze territoriali che sono avvenute soprattutto dalla riforma Bassanini del 2001 che ha creato una serie di contenziosi tra Stato decentrato e Stato accentrato. Ma, poi, c'è stato soprattutto il patto di stabilità che ha tolto i fondi ai Comuni, i quali hanno dovuto bloccare le assunzioni. Infine, sono state distrutte le province e prosciugate dai fondi le Camere di Commercio, un organismo di mediazione fondamentale tra lo Stato, la società civile e le imprese».
La colpa di tutto questo di chi è?
«Questi mali derivano dalle lenzuolate pro-capitalistiche Bersani-Letta, i due dioscuri della distruzione dello Stato.
Poi, ribadisco, il codice Bassanini ha distrutto l'apparato statale dato che, oggi, i direttori generali sono dei manager assunti per cinque anni e pagati con logiche di mercato. Non ce la si può prendere col governo Meloni che si è insediato da pochi mesi».
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