La solitudine dello Zar

Vladimir Putin è sempre solo.

La solitudine dello Zar

Vladimir Putin è sempre solo. È solo negli incontri ufficiali, quando fa sedere i suoi ospiti all'altro capo di un lunghissimo tavolo. È solo anche in mezzo alla sua gente, nelle parate, nelle manifestazioni, nelle cerimonie: rigido, algido, lo sguardo fisso davanti a sé, il braccio destro sempre aderente al corpo, come pronto a estrarre una pistola (non è una suggestione, pare che faccia parte dell'addestramento del Kgb). La sua è la solitudine degli uomini che hanno accumulato troppo potere per essere vicini a altri esseri umani, e da soli devono portarne il peso, lontani da emozioni, sentimenti, gioie e tristezze. Napoleone deve avere passato gran parte della sua vita in solitudine, molto prima di arrivare a Sant'Elena, Hitler ha passato in un bunker tutta la sua vita al comando, anche quando sfilava davanti a decine di migliaia di uomini e donne con il braccio teso a salutarlo. Adesso Putin ci ha voluto mostrare la sua solitudine platealmente - anche nel giorno in cui si sta più vicini a qualcuno, ai propri familiari, amici, o al proprio popolo. Dritto impalato, in abiti qualsiasi, ricorda la poesia di Giusti sui soldati austriaci in Sant'Ambrogio che la pedanteria scolastica non ci ha fatto dimenticare, «con que' musi, davanti a Dio, diritti come fusi». Ma dalla bocca di Putin nessuna preghiera, nessun canto, nemmeno un suono di quelli che commossero Giusti. Putin ha voluto mostrarci la sua solitudine anche davanti a Dio. Era solo davanti a Dio perché il Dio dei cristiani - oggi - non ama più le guerre, neanche quelle «giuste», checché ne dica il patriarca Kiril. E cosa pensava, Putin, in quel vuoto che si era formato intorno a uso di fotografi e cineoperatori? Le nenie dei celebrandi, le candele l'odore d'incenso, le volte alte, gli affreschi antichi, la mancanza d'azione sembravano fatte apposta per calcolare il bilancio della sua vita, come si fa nei momenti solenni. Successo, certo, potere, ricchezza, Putin ha avuto quello che ha voluto. Uomini così, però, considerano tutto questo ovvio, dovuto. Putin pensava, credo, al suo posto nella storia.

Sarà Putin il Grande? Verrà ricordato come l'uomo che ha dato una svolta alla storia del mondo avviando la caduta dell'Occidente in favore della Grande Madre Russia? O sarà l'uomo che, perdendo la sua sfida, la renderà succube proprio dell'Occidente o della Cina? E un rovello, ancora, lo assillava, fra incensi, candele, nenie: non vivrò abbastanza per sapere come andrà a finire; al di là della guerra all'Ucraina, le varianti sono troppe, chi mi succederà, chi succederà e Biden, cosa farà Xi... Nessuno è più solo di un uomo che progetta la storia del futuro e sa che non potrà conoscerla.

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