Sos bullismo: la legge per salvare i ragazzi è ferma

Tavolo tecnico mai riunito. Valditara: "Fenomeno da sradicare dalla scuola"

Sos bullismo: la legge per salvare i ragazzi è ferma
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Il suicidio del 15enne preso di mira dai bulli «rappresenta un fallimento della nostra società, che non è stata in grado di intercettare e affrontare il suo dolore prima che fosse troppo tardi».

A dire ad alta voce l'amara verità che tutti pensano è Giuseppe Lavenia, presidente dell'associazione nazionale sulle dipendenze tecnologiche e cyberbullismo). E nel giorno del dolore, è lo stesso ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara a ribadire: «Non possiamo tollerare che il bullismo diventi un tratto di una certa gioventù. Dobbiamo sradicarlo dalla società, partendo dalla scuola e in collaborazione con le famiglie. Continueremo a lavorare con ancora maggiore decisione per contrastare la cultura della violenza e della prepotenza, dell'insulto e del dileggio». I temi da affrontare sono due: la violenza gratuita e vessatoria del «branco» - basata sul nulla ma soffocante - e la fragilità mista solitudine dei giovani, che forse mai è stata socialmente così forte.

Gli strumenti per combattere realmente il bullismo ci sono. A metà. Ovvero: la legge c'è ed è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso maggio con importanti aggiornamenti, rispetto al provvedimento del 2017, e piani per rafforzare la prevenzione e l'informazione. Ma va ancora formato il tavolo tecnico che dovrà declinare le misure attuative. Cioè stabilire cosa fare a livello pratico per tutelare le vittime, gestire i casi, disincentivare e punire i bulli. In sostanza bisogna scandire (e finanziare) tutti i passaggi dalla chiamata al 114 in poi. Serviranno a costruire una rete (che andrà dalle scuole alle associazioni sportive, dalle famiglie agli oratori) abbastanza fitta da parare i colpi di chi crolla e si sente fallito per le prese in giro.

«Speravamo di essere pronti per l'inizio di questo anno scolastico - commenta Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro - Bisogna dare un'accelerata».

I punti che scricchiolano, nella costruzione di una società senza bullismo, sono parecchi. E soprattutto si accavallano ad altri problemi con cui le istituzioni già lottano da anni. Un esempio: il ruolo dei Tribunali dei Minorenni che, assieme alla presa in carico dei ragazzi, potranno avviare percorsi di educazione e di prevenzione in cui saranno coinvolti anche i genitori. Sì, ma con che soldi? Con quali assistenti sociali visto che già sono insufficienti a rispondere a tutte le esigenze del territorio?

«Perché la legge funzioni - aggiunge Caffo - bisogna fare molta formazione. Sia nelle strutture sociali e sanitarie, sia nelle scuole. In parte abbiamo già cominciato: vogliamo fare in modo che i presidi che vengono a sapere di qualche episodio di bullismo innanzitutto lo sappiano riconoscere e poi sappiano a chi rivolgersi per affrontarlo».

Da infrangere anche i tabù delle famiglie: «Spesso - spiega il presidente di Telefono Azzurro - i genitori non intervengono per non invadere il campo dei propri figli. O sperano se la possano cavare da soli. O non si accorgono del dolore che provano». Altre volte denunciano, come ha fatto la mamma del ragazzino di Senigallia, ma non è detto che trovino una risposta utile a sbrogliare i nodi prima che la situazione degeneri.

Bisogna poi formare personale specializzato per riconoscere i casi «urgenti» e quelli più soft. O, cosa ancora più difficile, riconoscere il pericolo negli episodi più semplici. Senigallia insegna: dopo un accumulo di stress e di insicurezza, sono bastate le prese in giro sul cognome perché il 15enne decidesse di voler sparire.

I casi di bullismo, nonostante le sensibilizzazioni sul tema, non sono in calo. «Anzi - commenta Federica Zanella, presidente dell'Associazione Stop-Cyberviolenze - più i ragazzi passano del tempo collegati ai social, più i casi aumentano». Tanto che in Italia più di uno studente su quattro sostiene di essere stato vittima di bullismo. Il dato emerge dallo studio effettuato dal ministero dell'Istruzione riguardante l'anno scolastico 2022/23. Il monitoraggio ha interessato 185mila studenti delle scuole superiori di tutta Italia e ha l'obiettivo di dare una panoramica generale del fenomeno. Per dare dei numeri precisi, il 27% degli intervistati ha dichiarato di aver subito atti di bullismo, una percentuale in forte crescita rispetto all'ultima rilevazione, considerando che il numero era fermo al 22,3% nel 2020/21. Nella maggior parte dei casi si tratta di episodi isolati e occasionali.

Ma sono in aumento anche quelli sistematici, dal 2,9% del 2020/21 al 5,4% del 2022/23. Dallo studio emerge anche come l'8% degli intervistati sia stato vittima di atti legato al cyberbullismo. Un dato in aumento rispetto al 5,4% del 2020/21.

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