Sorrisi, cordialità, qualche buon consiglio. E dunque, ecco l'udienza al Quirinale e il «sostegno» del capo dello Stato a Raffaele Fitto (nella foto), quasi un viatico istituzionale, con la speranza che attorno al suo nome si superino le divisioni politiche. Profilo moderato, competenza riconosciuta. Stima personale. Del resto lui è «il candidato ufficializzato» del governo italiano, spiegano sul Colle, «come potrebbe il presidente non appoggiarlo?».
Certo, ci sono ancora accese dispute sulle competenze da attribuire, la trattativa al coltello tra le grandi famiglie della Ue è in pieno svolgimento, poi ci sarà l'esame del Parlamento europeo da superare, ma l'incarico per il ministro sembra a un passo e forse, chissà, si tratterà di una vicepresidenza esecutiva, con quale portafoglio si vedrà.
Sergio Mattarella si augura che sulle ripicche prevalga l'interesse nazionale e dell'Unione e che, una volta tanto, si faccia gioco di squadra. Fitto, quindi. Già l'incontro, poco prima di partire per Cagliari per l'inaugurazione solenne dell'anno scolastico, e alla vigilia delle scelte formali di Ursula von der Leyen, è un segnale chiaro e preciso. E la decisione di renderlo pubblico, pure quella sembra quasi avere il sapore di un'investitura.
Il colloquio è sereno e molto amichevole. «Durante il faccia a faccia è stato compiuto un giro di orizzonte sulle varie tematiche europee», riferiscono le fonti. Davanti al capo dello Stato, il ministro illustra infatti il suo programma, racconta come intende muoversi a Bruxelles, in che maniera viole rappresentare l'Italia. Proprio per questo suo ruolo Mattarella spera che le polemiche nostrane vengano presto accantonate e che Fitto sia considerato non un candidato di parte ma del Paese intero.
Tutto adesso ruota sulle compensazioni che Ursula von der Leyen sarà in grado di offrire a socialisti e liberali europei in cambio dell'ingresso di Ecr nella maggioranza. S&D, per dare via libera al candidato Fitto, punta ad ottenere deleghe pesanti per i suoi quattro commissari. La pattuglia più consistente è quella del Pd, ed e anche quella che ha più problemi a schierarsi contro un incarico di peso al ministro della Coesione e del Sud, con il rischio di essere tacciata di remare contro gli interessi nazionali. Proprio da qui sono arrivati il «ni» di Elly Schlein e le aperture timide di esponenti riformisti quali Antonio Decaro e Stefano Bonaccini.
«Non ci sono pregiudizi - parole del capo delegazione del Pd a Bruxelles, Nicola Zingaretti - purché sia coerente con un programma europeista».
Un problema che non esiste, almeno secondo Enrico Letta. «Sarebbe davvero una contraddizione assurda se Fitto comparisse alle audizioni per diventare commissario europeo pronunciando un discorso anti-europeo. Perciò io non ho dubbi che sul suo nome debba essere il sostegno il più ampio possibile».
L'ex premier in questi giorni è parecchio attivo, si sta dando da fare per convincere il Nazareno e gli altri socialisti europei ad ingoiare il rospo. C'è agli atti il precedente significativo e per certi versi imbarazzante di cinque anni fa, quando Paolo Gentiloni entrò nella Commissione Ue con il voto favorevole proprio di Raffaele Fitto, a nome dei conservatori, e il placet di Silvio Berlusconi, che si presentò per sottolineare il valore della scelta «al di là degli steccati».
Ebbene, come fa ora il Pd a comportasi diversamente? Dietro l'iniziativa diplomatica di Letta, sostengono diversi osservatori, ci sarebbe il Quirinale. Mattarella, è ovvio, più di tanto non può esporsi. Non è il suo terreno. Non è il suo costume interferire nel dibattito politico, tanto meno nelle decisioni che prende il governo.
Però, una volta che Palazzo Chigi ha fatto la sua scelta, orientandosi peraltro su un ministro apprezzato pure dall'opposizione, il sostegno pieno del capo dello Stato non manca.E l'appoggio del Colle può servire a far vincere l'interesse generale.
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