L'obbligo di spalmare i crediti del Superbonus su 10 anni riguarderà solo le spese sostenute nel 2024. Lo ha ribadito ieri il sottosegretario all'Economia, Federico Freni. «La retroattività è limitata alle spese sostenute nell'esercizio fiscale vigente alla data di entrata in vigore della norma, e quindi a tutte le spese sostenute nell'esercizio del 2024», ha spiegato. Oggi in commissione Finanze al Senato è atteso l'emendamento del governo al dl Superbonus. Il ministro Giancarlo Giorgetti aveva evidenziato come l'intervento consentirà una correzione del deficit pari a oltre un punto di Pil (2,4 miliardi) in due anni, allineando gli obiettivi a legislazione vigente indicati nel Def 2024 con quelli programmatici della Nadef 2023: «A tal fine - ha spiegato - sono necessari 700 milioni nel 2025 e 1,7 miliardi nel 2026».
Nonostante queste precisazioni, da un certo punto di vista superflue (la retroattività di una norma è incostituzionale e sarebbe immediatamente cassata dopo ricorso alla Consulta), anche ieri tanto le associazioni di categoria quanto la Borsa hanno continuato a manifestare le proprie perplessità. Nel caso di Piazza Affari, a essere penalizzate sono state proprio le banche per timore che un'eventuale retroattività comportasse una svalutazione dei crediti d'imposta Superbonus acquisiti.
Ma andiamo con ordine. Il primo a esternare il proprio disappunto è stato il vicepresidente di Confindustria, Maurizio Marchesini, che «in nome della certezza del diritto» ha precisato di non condividerne «l'eventuale retroattività», auspicando l'apertura di un tavolo di confronto, «anche in vista dei nuovi incentivi che serviranno per attuare la direttiva Ue sulle case green». Tra coloro che condividono i timori espressi da Ance (costruttori) e Abi (banche) anche l'Alleanza Coop per la quale ha parlato il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini. «Una bomba a orologeria che metterebbe in ginocchio le imprese alimentando contenziosi che coinvolgerebbero aziende, banche e famiglie», ha detto.
A fare i conti in tasca alle banche hanno provato, invece, diversi broker tra i quali Intermonte-Websim, Jefferies e Equita. Le analisi stimano che nei bilanci degli istituti possano esserci tra i 20 e i 30 miliardi di euro di crediti d'imposta (75 miliardi secondo fonti sindacali) che hanno giovato ai bilanci particolarmente brillanti del 2023 e del primo trimestri 2024, che in molti casi si sono chiusi con un record di utili.
Una eventuale retroattività dello spalma-crediti, è la tesi, determinerebbe un maggior carico fiscale o la necessità di cedere i crediti a un valore inferiore a quello d'acquisto, quindi in perdita. Pur con i vari distinguo, queste esternazioni hanno prodotto cali di Borsa per i titoli bancari del FtseMib. Bper ha perso il 3%, Banco Bpm e Popolare Sondrio l'1,5 percento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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