Una sparatoria misteriosa tra le mura di casa, dentro le quali si è consumato uno degli epiloghi più drammatici: il tentato figlicidio e il suicidio. Quando venerdì pomeriggio il 60enne Luciano Feltre ha trovato in casa il cadavere della moglie e il corpo ferito del figlio 15enne tanti erano i dubbi: cos'era accaduto in quella villetta? Chi aveva sparato per primo? E perché? Ma a poche ore dai fatti di Vago di Lavagno, che nel fine settimana hanno scosso il Veronese, ogni tassello sembra tornare al suo posto. A sparare al ragazzo sarebbe stata proprio lei, la mamma. Alessandra Spiazzi, pensionata 58enne, avrebbe esploso un colpo di pistola alla testa del figlio per poi rivolgere l'arma contro di sé, suicidandosi. Questa almeno è l'ipotesi più battuta dalla procura di Verona, come ha confermato il procuratore Raffaele Tito: «Al momento - ha spiegato il procuratore Raffaele Tito - l'ipotesi indiziaria più accreditata è quella del tentato omicidio del ragazzo compiuto dalla madre che poi si è suicidata, la donna da tempo aveva problemi sanitari».
A confermare la dinamica dell'omicidio-suicidio sarebbero gli accertamenti della scientifica dei carabinieri coordinati dalla procura, che al momento non ha iscritto alcuna persona nel registro degli indagati. Il 15enne, che nonostante il colpo alla testa non è morto sul colpo, si trova ricoverato in prognosi riservata nel reparto di neurorianimazione dell'ospedale Borgo Trento di Verona, in condizioni gravissime. E le speranze sarebbero ridotte al minimo, al punto che le sue funzioni vitali sono già tenute attive da farmaci e macchine. Una tragedia che potrebbe non aver ancora visto scritto l'ultimo capitolo.
Ma cosa è accaduto lo scorso venerdì a Vago di Lavagno? Secondo le prime ricostruzioni, intorno alle 14 nel quartiere rimbomba il rumore secco di due colpi di pistola. In casa si è appena consumata una lite furibonda tra madre e figlio. Il ragazzo è da poco rientrato da scuola e i due si trovano in cucina. Alessandra Spiazzi, che secondo i primi accertamenti degli investigatori da qualche tempo soffriva di disturbi psichici, avrebbe improvvisamente impugnato la pistola del padre defunto puntandola contro la testa del figlio. Poi, si spara un colpo letale alla nuca. A trovarsi davanti agli occhi il terribile scenario è Luciano Feltre: il 60enne, impiegato come operatore amministrativo dei vigili del fuoco del comando provinciale di Verona, è in casa ma non assiste alla sparatoria. A chiamare i soccorsi è proprio il 60enne, che seppur non indagato è stato ascoltato per ore in caserma come persona informata sui fatti. In quella casa le tensioni tra mamma e ragazzo erano sempre più frequenti e si erano aggravate per lo stato di salute della donna. Ma nessuno poteva immaginare un epilogo simile.
Alessandra Spiazzi viene descritta da amiche e conoscenti come una donna molto impegnata nel sociale, nelle iniziative dell'associazione «Mamme volenterose di Lavagno», che si occupa di volontariato e contrasto alla violenza. Lo scorso anno la 58enne era stata tra le promotrici di una camminata contro la violenza sulle donne, in occasione del femminicidio di Giulia Cecchettin. Adorava il figlio, bravo al liceo, appassionato degli sport in palestra, presente in parrocchia. I successi a scuola «erano il suo orgoglio», racconta chi la conosceva.
Restano comunque alcuni interrogativi: la pistola usata, ad esempio, apparteneva al padre della donna ma dopo il decesso dell'anziano non era mai stata restituita alle autorità.
La donna non aveva alcuna dimestichezza con le armi, eppure ha esploso al primo tentativo quei due colpi. All'origine del gesto - che per gli stessi inquirenti resta «inspiegabile» - ci sarebbero allora i problemi psichici di Alessandra.
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