Per gli spari su Anghinelli fermato l'"uomo" di Lucci

Daniele Cataldo, boss della Sud e trafficante di droga, colpì alla testa l'altro ultrà. Che si salvò

Per gli spari su Anghinelli fermato l'"uomo" di Lucci
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Per impadronirsi di San Siro, a Milano si è pronti ad ammazzare. Lo hanno fatto, sparandosi e accoltellandosi tra di loro, i capi della Curva Nord dell'Inter. Ieri si scopre che anche nella Sud, quella rossonera, i conti si regolano a revolverate. A sparare alla testa nel 2019 a Enzo Anghinelli, che con la sua cordata voleva insidiare il potere dei capi della tifoseria, fu uno dei boss della Curva Sud: Daniele Cataldo, trafficante di droga, uomo di fiducia del leader indiscusso Luca Lucci.

Anghinelli, incredibilmente, sopravvisse alla pallottola 357 che gli aveva trapassato il cranio. «Non so chi sia stato e non mi interessa», disse due anni fa al Giornale il sopravvissuto, con ancora addosso i segni della pallottola. In realtà, a quanto pare, lo sapeva benissimo. Tanto che tre mesi fa ebbe la cattiva idea di presentarsi al negozio di tatuaggi di Lucci («ne ebbi un bisogno incontenibile») per chiarirsi e chiudere la faccenda. «Sono venuto in pace», gli dice. Ma Lucci lo caccia. E fuori c'è Cataldo, che anche se Anghinelli è malconcio, sorretto dalle stampelle, lo gonfia di botte. Piccolo problema: tutto avviene quasi sotto gli occhi della Digos, che da tempo intercetta i capi della Curva Sud. Subito dopo avere pestato Anghinelli, Cataldo si confida con la moglie, ed è praticamente una confessione in presa diretta dell'agguato commesso cinque anni prima: «Sai chi è venuto qua? Quello che ha accusato me, quello che abbiamo fatto...».

«Quello che abbiamo fatto»: da lì in poi l'inchiesta è in discesa, si rileggono le decine di immagini che le telecamere del traffico hanno ripreso dello scooter su cui viaggiavano i due (mancati) assassini di Anghinelli: e il punto di ritorno è a Sesto San Giovanni, sotto casa di Cataldo. Ieri mattina la Procura ferma Cataldo per tentato omicidio, «in concorso con Lucci Luca», il leader arrestato nella grande retata del 30 settembre scorso. D'altronde un vecchio navigatore della Curva come il narcos Nazareno Calajò aveva presentato così Cataldo a Anghinelli, tanti anni fa: «questo è quello che fa le azioni punitive per conto di Lucci». Quasi una profezia.

«Il tentato omicidio di Anghinelli - scrive il pm Paolo Storari nel provvedimento di fermo - è maturato nel contesto di una lotta di poter all'interno della Curva Sud, dominata da Luca Lucci, bacino di guadagni illeciti, oggetto di svariati interessi della criminalità (anche organizzata)». Insieme alle disavventure di Anghinelli, il provvedimento racconta con dovizia di passaggi proprio quest'ultimo elemento, le mani della 'ndrangheta su San Siro. Perchè Anghinelli è l'anello debole di una cordata dove si muove un pezzo importante della mafia calabrese, con Domenico Mimmo" Vottari che punta alla Curva Sud mentre i clan di Rosarno puntavano alla Nord. Come all'Inter, anche al Milano (inteso come club) c'è chi dà ascolto agli uomini venuti dalla Calabria. L'ex difensore Filippo Galli viene invitato alla feste nel locale di Vottari.

Il quale incontra nel 2018 l'allora capo security rossonero, l'ex poliziotto Alessandro Meneghini, e gli spiega in modo convincente perchè al club convenga dargli spazio per spodestare la banda di Lucci: «Noi vi diamo legalità. Con la nostra autorizzazione voi potete riprendere in mano quel pezzo di stadio che fino ad oggi non era più vostro». Come dire: dalla padella alla brace.

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