«Roberto Speranza ha mentito ai pm». La frase choc è attribuita da Francesca Nava del Domani al procuratore capo di Bergamo Antonio Chiappani e sarebbe la risposta all'audizione dei mesi scorsi dello stesso Speranza davanti ai pm di Bergamo che indagano sulla gestione della prima ondata Covid in Lombardia. La frase è stata poi parzialmente smentita da una laconica nota della Procura («Al momento non è ipotizzabile alcuna specifica contestazione») ma in pochi ormai dubitano che Speranza non riceverà un avviso di garanzia, come già ipotizzato dal Giornale nelle scorse settimane, visto che la fase istruttoria dell'inchiesta - tra bugie, sciatteria e una catena di sottovalutazioni - va verso la conclusione, in attesa del report finale curato dal virologo Andrea Crisanti.
Sul tavolo c'è sempre la questione del piano pandemico datato 2006, mai attuato benché un parere legale richiesto dal ministero della Sanità ne confermasse la validità. Quante vite si potevano salvare? Lo stabilirà Crisanti, che al Domani anticipa una parte del ragionamento. Come sappiamo dalle dichiarazioni di Speranza, un piano pandemico alternativo su possibili modelli di risposta a diversi scenari viene stilato da Stefano Merler, matematico della Fondazione Kessler, e illustrato il 20 febbraio al ministro Speranza e al Cts da Alberto Zoli, responsabile Areu Lombardia, ma poi verrà secretato. «Ma il vecchio piano già identificava in grande dettaglio le azioni da prendere prima della diffusione del virus. Si potevano acquistare dispositivi di sicurezza, i respiratori previsti dal piano pandemico, si poteva fare formazione. E come è possibile applicare un piano secretato?», si è chiesto Crisanti.
Ma qual è stata la più grande bugia di Speranza? Quella di essersi disinteressato alla pubblicazione e soprattutto alla rimozione del report Oms, come invece confermano i messaggi whatsapp fatti trapelati dalla Procura (e finiti guarda caso su Report) in cui Speranza dice che si sarebbe lamentato del documento con il numero uno di Oms Europa Hans Kluge del report. Messaggi che coinvolgono pesantemente anche il presidente dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro, anche lui nel mirino dei pm assieme all'ex capo di gabinetto di Speranza Goffredo Zaccardi e ai vertici del ministero della Sanità dal 2016 a oggi. È Brusaferro il 5 febbraio 2020 a dire a Speranza di non usare il vecchio ma applicabile piano pandemico. Senza averlo neanche letto, se non nel maggio 2020. «Lo ha dichiarato lui, ha riletto il verbale e lo ha firmato», ha confermato al Domani il procuratore capo di Bergamo.
Ma la questione del piano fantasma era già stata sollevata nel famoso report Oms di Francesco Zambon del 14 maggio 2020, fatto sparire in sole 24 ore e ripescato il 30 agosto dello stesso anno alle due di notte da Robert Lingard, uno dei consulenti del gruppo di legali dei parenti delle vittime della Bergamasca che hanno chiesto 100 milioni di euro di risarcimento al governo italiano. Perché il ritrovamento di questo documento è cruciale? Perché persino Report si è vantata del suo ritrovamento (salvo poi essere sbugiardato per tabulas da un articolo del Guardian precedente al servizio in tv)? Perché all'assenza del piano pandemico e alla gestione «caotica, improvvisata e creativa» della pandemia veniva messo il bollino dell'Oms. Tanto che nel balletto via mail e whatsapp sull'affossamento del report di Zambon viene tirato in causa l'ex numero due Oms Ranieri Guerra, ex dg della Sanità con il ministro Beatrice Lorenzin dal 2015 al 2017, che prima di andare via aveva chiesto (inascoltato) di aggiornare il piano comunque vigente e che oggi è tra i grandi accusatori di Speranza.
È un peccato che alla verità giudiziaria non venga affiancata una commissione d'inchiesta, affossata da una serie di emendamenti di Pd, Lega e M5s firmati anche da parlamentari bergamaschi, anticipati via Facebook dal solito Lingard e ripresi (anche) dal Giornale.
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